Il
lavoro minorile
250 milioni: tanti sono, in tutto
il mondo, i bambini che lavorano.
Contro ogni legge. A dispetto di
qualsiasi denuncia delle associazioni in difesa dei diritti dei minori,
il mondo continua a sfruttare il lavoro minorile. Nelle miniere, nei campi
infestati dai pesticidi, nel commercio, nelle piccole attività industriali,
oppure per strada. L’Unicef -
che insieme all’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha raccolto le
cifre del lavoro minorile – oltre a denunciare interviene con programmi
di sostegno all’economia familiare e con interventi a favore dei bambini
lavoratori per tutelarli – anche legalmente – e dare loro comunque la possibilità
di studiare . E’ l’istruzione, infatti,
l’unica arma a che i bambini hanno per difendere i loro diritti.
Ma cosa c’è dietro lo sfruttamento
del lavoro minorile: povertà, ignoranza, crudeltà. Ma anche
un sistema legislativo ed economico che permette ciò o, comunque,
non lo impedisce di fatto. Gli spot televisivi che invitano a boicottare
quei prodotti dietro i quali c’è il lavoro di un bambino non sono
sufficienti. Le imprese – libere di spezzettare la produzione nei paesi
che offrono condizioni economiche più vantaggiose, non si assumono
più nessuna responsabilità sulle condizioni di lavoro.
In Italia, le associazioni Centro
Nuovo Modello di Sviluppo e Mani Tese hanno raccolto più
di 100 mila firme per una legge che obblighi le imprese a dare informazioni
dettagliate sulle catene degli appalti e metta i consumatori in grado di
scegliere i prodotti in base alle condizioni di lavoro in cui sono stati
ottenuti. L’esigenza di un marchio che certifichi l’assenza di lavoro nero
o minorile aiuterebbe sia i consumatori, sia gli stessi produttori. Anche
il sindacato tessile Filtea insieme alla Cgil di Roma e del Lazio
proposero, lo scorso ottobre, un’etichetta per certificare la produzione.
Nella “Campagna acquisti trasparenti”,
le associazioni hanno ribadito la necessità di un’Autorità
Garante della qualità sociale dei prodotti che abbia anche poteri
di indagine nella scelta delle imprese e sanzioni per le imprese inadempienti.
Intanto, si diffondono un po’ ovunque,
“Le
botteghe del mondo” : negozi che vendono prodotti
di ogni genere (da quelli alimentari all’artigianato) promuovendo un
commercio equo che non sfrutta i più deboli, che formula prezzi
adeguati alle realtà locali, ai costi reali di produzione, che sostiene
la coltivazione biologica , che garantisce il prefinanziamento degli ordini,
che rispetta il consumatore informandolo dei vari costi per la produzione
(dal trasporto, alle spese doganali, all’assicurazione, alla percentuale
che va al rivenditore). Associazioni e cooperative senza fini di lucro
gestiscono questi negozi che sono anche luoghi d’incontro e promuovono
iniziative per la conoscenza dei paesi del sud del mondo.
E in difesa dei bambini, le aziende pachistane
produttrici di tappeti e l’Organizzazione internazionale per il lavoro
hanno scritto un accordo per eliminare il lavoro minorile dal ciclo
produttivo.
S.M.
Giacomino n.5 del 15 gennaio 1999
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