Un marchio
etico contro il lavoro minorile
Quanti sono i bambini che lavorano invece
di andare a scuola? Quanti sono i minori ai quali viene negata la spensieratezza
dell’infanzia, del gioco? Le stime dell’Unicef parlano di 250 milioni
di bambini costretti a lavorare in condizioni disumane, con salari irrisori.
La povertà, l’ignoranza, la violenza, l’avidità alimentano
questo sfruttamento.
Così, di fronte a campagne pubblicitarie
che denunciano le violenze all’infanzia restiamo sì turbati, ma
anche paralizzati. Cosa fare?
Ogni tanto lo scandalo coinvolge grandi
multinazionali che si difendono con un “non sapevamo” oppure “non siamo
responsabili direttamente”. Però, corrono subito ai ripari. E rimuovono
gli appalti sospetti.
La richiesta di creare un marchio etico
era stata avanzata da tempo sia dai consumatori, sia dagli stessi produttori.
Ed ora è diventata una proposta di legge regionale, firmata dal
consigliere Angelo Bonelli del gruppo Verde della regione Lazio.
“Bisogna sviluppare una nuova cultura
imprenditoriale – ha detto Bonelli – che induca il mondo del lavoro a rispettare
i diritti delle persone e in particolar modo dei minori. Per rendere possibile
questo mutamento culturale – ha aggiunto - è necessario sensibilizzare
i consumatori portandoli a preferire i prodotto privi di lavoro minorile
o di lavoro nero”.
La proposta di legge suggerisce che le
aziende aderiscano volontariamente ad un protocollo d’intesa che garantisca
il prodotto. Una commissione certificherà e autorizzerà le
aziende all’uso del marchio, pubblicizzerà adeguatamente i prodotti,
verificherà eventuali infrazioni.
Certo, non vogliamo illuderci che questo
rappresenti la soluzione del problema del lavoro minorile nei confronti
del quale, però, è bene che comincino a venire a galla responsabilità
politiche, di mercato ed anche delle singole coscienze.
S.M.
Giacomino n.6 del 15 febbraio 1999
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