Le paure dei bambini

di Claudia Giannini
La paura della notte. La paura della Tv. La paura della scuola. La paura di essere abbandonati perché la famiglia si sfalda.

La paura di non essere all’altezza delle aspettative dei genitori. La paura di non essere belli.

Sono queste le vecchie e le nuove paure dei bambini emerse da un’indagine condotta fra 1.500 alunni delle scuole pubbliche e private di Roma, dal centro all’estrema periferia. L’inchiesta è stata coordinata dal dottor Federico Bianchi di Castelbianco e dalla dottoressa Paolo Binetti, neuropsichiatra dell’età evolutiva dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

L’indagine – nata proprio dal bisogno di capire da dove nascono alcune forme di disagio nei bambini che possono sfociare, per esempio, nell’abbandono scolastico - rivela che molte paure sono uguali a quelle vissute dalle vecchie generazioni (anche se scaturiscono da situazioni diverse), ma molte sono esclusive dei bambini di oggi "dovute al nuovo modello di società che si è andata rapidamente evolvendo e che vuole che il bambino diventi presti un adulto, ma poi non gli da gli strumenti necessari per gestire la propria autonomia."

Già da piccoli, i nostri figli temono di non essere belli o di essere inadeguati e incapaci, di essere abbandonati e di restare soli.

Ed è proprio la solitudine – e soprattutto la solitudine dai genitori - il nodo centrale intorno al quale si sviluppano le paure.

Nel bambino – spiega la dottoressa Binetti – l’esperienza della paura si lega all’esperienza della relazione di aiuto che gli adulti gli permettono di sperimentare. Il bambino sperimenta insieme la paura e la possibilità di controllarla e da questa esperienza impara ad elaborare strategie di fuga o di controllo a cui lega la possibilità di recuperare il dominio della situazione. La paura non è mai soltanto paura di qualcosa, è anche paura di essere solo davanti a qualcosa di terribile.

"Imparare a non aver paura è diventato condizione e metafora della possibilità di essere considerato maturo ed autonomo – dice il dottor Bianchi – e, in genere, non essere più bambino significa soprattutto aver coraggio e poter controllare la propria paura. Così il bambino impara più a nascondere la propria paura che ad affrontarla e risolverla. E’ la paura di essere giudicato, di essere preso in giro che crea una sorta di capsula in cui restano latenti molte altre paure che spuntano fuori nei momenti più impensati".

"HO PAURA" , scritto dalla dott.ssa Binetti insieme alla dottoressa Flavia Ferrazzoli - esperta in problemi del linguaggio dei bambini - e alla dottoressa Caterina Flora - psicologa e psicoterapeuta - fornisce il resoconto dell’indagine sulle paure dei bambini e una riflessione sulle strategie educative e terapeutiche che si possono mettere in atto per fronteggiarle e lenirle.

La paura della notte

E’ quella che angoscia di più i bambini, senza distinzione di età. La notte – intesa come lungo momento di separazione – può attivare sentimenti di abbandono. Tutti, da piccoli, abbiamo avuto paura del buio. Ma il buio che faceva paura a noi o ai nostri genitori – dice il dottor Bianchi – era un buio diverso, perché difficilmente si dormiva da soli: le famiglie erano più numerose, in casa c’era sempre un nonno o uno zio e il bambino veniva lasciato raramente con una persona estranea, una baby sitter.

Un tempo c’era più disponibilità a tener compagnia al bambino che andava a letto, c’erano più fratelli e venivano raccontate più favole. Adesso il bambino è spesso affidato alla televisione dalla quale è attratto ma che allo stesso tempo teme.

Lasciare le luci accese o controllare bene che non ci siano mostri sotto il letto e in ogni angolo della stanza non è sufficiente se il genitore non condivide emotivamente le preoccupazioni del bambino.
 
 
 
 

La paura della TV

Il bambino è attratto dalla Tv ma la teme. E’ come l’adulto che fa la fila al botteghino per vedere il film horror e poi trema di paura in sala.

In TV – spiega il dottor Bianchi - il bambino vede materializzarsi le sue angosce (catastrofi, sofferenze, violenze) e la pericolosità sta nel fatto che spesso si confronta da solo con esse pur non avendo la maturità di porre un limite alle sue visioni. Così, se sente parlare di un terremoto può immaginarselo come una serie di crolli e può averne molta paura. Ma se vede uomini e cani che cercano superstiti o corpi martoriati può vivere un profondo senso di angoscia., e qualche volta le immagini televisive sembrano indugiare proprio sui bambini.

La paura delle immagini televisive è molto diversa dalla paura del "cattivo" delle favole raccontate perché queste - proprio perché raccontate - sono "contenute" da un adulto.

Cosa fare? Prima di tutto – dice il dottor Bianchi – è necessario che le emittenti rispettino le fasce orarie protette risparmiando ai bambini scene di violenza esasperata e linguaggi forti. Poi è necessario limitare la quantità di tempo che il bambino passa davanti alla Tv, soprattutto da solo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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La paura della scuola

Riguarda soprattutto i maschietti di 9-10 anni. Secondo l’indagine, a scatenare la paura della scuola è soprattutto il forte spirito competitivo che anima i rapporti sia con gli amici sia con gli insegnanti.

I bambini – dice il dottori Bianchi - più che fare gruppo per fronteggiare l’autorità (come facevano i nostri genitori), cercano di primeggiare l’uno sull’altro e vogliono sbalordire l’adulto più che ottenere il suo riconoscimento ( e gli eccessi si vedono nei tentativi di screditare le conoscenze delle maestre). Questi modelli se da una parte seducono il bambino perché gli propongono un’immagine forte, dall’altra lo rendono vulnerabile perché gli chiedono un impegno che va oltre le proprie possibilità emotive e, a lungo andare, causano stress e disagio che sono le principali cause degli atteggiamenti negativi verso la scuola e possono sfociare nell’abbandono. "Non si può vivere quotidianamente in una situazione di disagio – per di più proiettata verso il futuro – senza volerne fuggire".

Cosa può fare, quindi, la scuola?

Deve allentare lo spirito competitivo e aiutare il bambino a dare il meglio di ciò che ha piuttosto che seguire male un modello di sviluppo. Soprattutto la scuola materna – insiste il dottori Bianchi - dovrebbe valorizzare di più il gioco senza voler trasformare ogni attività ludica in uno strumento conoscitivo. Gioco e lavoro devono essere tenuti distinti se si vuole aiutare il bambino a non vivere continuamente l’angoscia del giudizio.

Piccoli e grandi paure: cosa fare?

Se i più piccoli sono spaventati quando si trovano da soli in bagno, in un primo confronto con la propria intimità, i più grandi, invece, temono di non rispondere al modello sociale e a quei modelli che la pubblicità esalta: competitività, bellezza a tutti i costi, moda. Hanno paura di non poter reggere al modello che gli viene presentato da tutti, a cominciare dai genitori. E pensano di essere poco interessanti perché il tempo che mamma e papà dedicano loro è poco, e spesso è investito in attività frenetiche che diventano occasioni di giudizio più che di incontro

Hanno paura della separazione dei genitori perché hanno sempre più difficoltà a vivere lo scontro come una delle modalità dello stare insieme e nutrono poca fiducia nelle possibilità di riparare un rapporto perché troppo spesso il conflitto porta a rotture radicali.

Ma come aiutare i bambini e, soprattutto, cosa dire ai genitori?

E’ importante – dicono gli esperti – rafforzare nel bambino la fiducia in se stesso, stargli emotivamente vicino, rassicurarlo, ascoltare i suoi racconti senza sminuirli, ma anche senza esagerare. Il bambino deve imparare a parlare delle sue paure e a chiedere aiuto. Può anche sentirsi solo davanti al pericolo, ma non dovrebbe mai esserlo veramente.

"HO PAURA" scritto dalla Binetti insieme alla collega Flavia Ferrazzoli - esperta in problemi del linguaggio dei bambini - e a Caterina Flora - psicologa e psicoterapeuta - fornisce il risultato della ricerca sulle paure dei bambini e una riflessione sulle strategie educative e terapeutiche che si possono mettere in atto per fronteggiarle e lenirle.
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