TUTTI PAZZI PER POKéMONPer mettere fine al tormentone
di mio figlio (7 anni), sabato pomeriggio lo accompagno in via Cavour 250
dove- secondo un passaparola di
mocciosetti – vendono le carte di Pokémon. Davanti al negozio dal
nome poco infantile (Strategia e tattica) vedo un nutrito gruppetto di
giovanottelli di 13-15 anni. “Se quella è la fila torniamo un altro
giorno” dico a mio figlio, tanto per mettere le mani avanti. Mi accorgo,
però, che quei ragazzi non hanno l’aria annoiata di chi aspetta
il proprio turno. Così, mi avvicino. “Bambino, hai le Pokémon
cards?” chiede più d’uno a mio figlio. Lui, un po’ frastornato e
un po’ lusingato dal fatto che un “grande” avesse notato le sue preziose
“figurine” fa per fermarsi. Io mi spavento un po’ e me lo tiro dietro nel
negozio.
“Ma che cosa succede?” domando. “Vengono qui per comprare e scambiare le carte di Pokémon ”, mi risponde Daniele, un ragazzo dal sorriso confortante che sta dietro il bancone. Allora, il tormentone di mio figlio non era solo un capriccio! Quella delle Pokémon card è un’epidemia! E non colpisce solo i piccoli! “E’ la mania del nuovo secolo – conferma Daniele – e già le cards sono diventate un vero e proprio business da collezionista: pensi che ce ne sono alcune che valgono anche centinaia di mila lire”. Pupetto mio, da domani non andrai più in giro con le Pokémon card in bellavista, penso fra me e me. Anzi, cominciamo a vedere quanto valgono quelle che hai. Se, in basso a destra, se c’è un pallino vuol dire che sono comuni e valgono poco. Se c’è un rombetto cominciano ad avere un certo valore. Se c’è una stellina sono rare. Se le cards sono argentate (meglio olografate) sono rarissime e valgono un sacco di soldi. Appurato il valore del suo “mazzetto” di figurine, mio figlio si infila subito nel retro del negozio dove va a sfogliare un raccoglitore e – mettendo mano alla sua paghetta - non si fa scrupolo di spendere 19.000 lire per una card (una bustina da 11 si vende a 7.500). Precoce senso degli affari? Follia infantile? I mostriciattoli tascabili (Pokémon sta per poket-monster) sono l’ultima trovata commerciale della Nintendo. Tanto per snocciolare qualche cifra si stampano (in Belgio) 40 milioni di carte al giorno che, però, non bastano a soddisfare le richieste (il negozio Strategia e tattica – tanto per tenerci sul locale - ne vende 4-5 mila al giorno). Su Internet, la parola Pokémon detiene il 4° posto nella hit-parade delle words più cliccate. Le scuole americane hanno proibito ai bambini di portare le cards a scuola perché i pupils non avevano testa che per quelle. Anche a Roma, le scuole internazionali (dove questa moda ha preso il via) hanno cominciato a mettere veti. La Pokémon mania è un giro di bei dollaroni. Le carte (che nascono come gioco da tavolo) sono solo un aspetto del business. Il cartone animato (su Italia 1 alle 17.00) veicola pupazzi, giochi elettronici (Game boy), gadget, riviste (Nintendo magazine) in Italia, e in Giappone anche patatine ecc. Difficile capire il motivo di tanto successo. I cartoni animati raccontano storie improbabili di creature che assomigliano a cuccioli di animali che vivono grazie all’energia e che si affezionano ai loro allenatori che li addestrano a lottare. Ci sono allenatori buoni e allenatori cattivi: i buoni seguono leggiche fanno appello al buon senso e al rispetto reciproco, i cattivi fanno combattere i Pokémon per avere prestigio e abbandonano i più deboli. Qualche nome? Pikachu, un topino
giallo con una vocina tenera tenera, la mascotte dei Pokémon. Charmander,
una specie di piccolo dinosauro con una fiammella sulla coda.
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