Mamme

Allattare e lavorare

Thursday, 21/10/1999

di Martina Carabetta

Lavorare e allattare al seno il proprio bambino è possibile. Basta organizzarsi.

Il latte materno è il miglior cibo per il neonato e proseguire l’allattamento al seno anche quando la neo-mamma rientra in ufficio permette di continuare a sfruttare questo “tesoro” sia a livello nutritivo che relazionale.

Una mamma che si allontana dal sul piccolo per mezza giornata, recupera così momenti di gioia e intimità, compensa il distacco e mantiene forte il legame con il bambino.

Durante i primi mesi di vita, il bambino ha particolarmente bisogno della madre. Così, se possibile, è consigliabile prolungare il più possibile il congedo per maternità (la legge garantisce almeno tre mesi alle lavoratrici dipendenti). Comunque – anche se il lavoro non permette - non è necessario interrompere l’allattamento al seno e anticipare lo svezzamento che, se troppo precoce, espone a diversi pericoli, come quello di sviluppare reazioni allergiche nel bambino.

Il latte materno si può tirare con un tiralatte e surgelare nel freezer già qualche settimana prima del rientro a lavoro. Il latte si conserva perfettamente alle basse temperature!

Unico – ma importantissimo accorgimento – è l’igiene.

Qualunque sia il metodo usato (tiralatte o spremitura manuale) è importante avere le mani ben pulite e usare contenitori sterilizzati (in commercio ci sono bustine pronte da riempire, ma vanno bene anche i vasi di vetro, come i barattoli della marmellata ).

Il latte che viene tirato più volte durante la giornata deve essere versato in piccoli recipienti, raffreddato in frigo e - soltanto in un secondo momento - congelato. Per evitare “l’ingorgno” e far assestare la produzione del latte, è possibile “fare scorta” anche in ufficio, conservando il latte una borsa termica con il ghiaccio.

Il latte scongelato non può essere ri-congelato: per questo è meglio utilizzare piccoli contenitori (60 - 80 gr) che non vanno, però, riempiti completamente perché – quando congela - il latte aumenta di volume. Sui contenitori va segnata la data.

Il latte così conservato mantiene tutti i suoi principi nutritivi e non diventa mai “leggero” neanche dopo un anno o più di allattamento.

Potete trovare ulteriori informazioni e consigli sull’allattamento al seno

sul libro “L’arte dell’allattamento materno” edito da Le Leche League.

Oppure contattando LA LECHE LEAGUE al  suo sito Internet.

Per sapere qual è la consulente più vicina a voi, mandate una e-mail a: m.carabetta@mclink.it

Un figlio al di là del mare: L’adozione a distanza di Ester Ponti

Thursday, 21/10/1999


Luis Henrique è il mio bambino brasiliano. E’ color nocciola, i capelli ricciuti e ha un visetto lungo e stretto. Nella fotografia che mi ha mandato, posa davanti a un’immacolatella dal manto celeste. Porta una maglietta sghemba, a righe biancazzurre, un paio di shorts color del cielo e i piedi nudi che fanno naso naso.Sorride, ma si vede che lo fa per forza, che gli hanno
detto, dai, che scattiamo, sorridi piccoletto. Luis Henrique non è orfano,  non è un “menino de rua”, vive con i suoi genitori. Ma sapete quanto guadagnano il suo papà e la sua mamma? Un-dollaro-uno al giorno. E fanno i braccianti agricoli. Li chiamano “boia fria” che vuole dire gavetta fredda. Significa che all’ora di pranzo, mangiano pollo freddo, riso freddo, verdura fredda. Inutile aggiungere che quando lasciano la loro casupola, all’alba, la gavetta è ben calda. Luis Henrique (otto anni su due gambe stecche) resterebbe solo, tutto il santo giorno. Se non fosse che, sulla sua strada, ha incontrato le suore missionarie francescane angeline che, nel paesino dove abita Santo Antonio de Plastina,  hanno creato un piccolo “Lar”; ovvero un rifugio, un posto dove stare per non finire dritti sulla strada, magari a far brutti incontri. Così Luis Henrique, ogni giorno, è lì e studia e impara. A me ha mandato un disegno con il sole e una casetta, poi anche un grembiulino violetto e lillà con la pettorina ricamata (ma credo sia opera delle suorine…) e un foglietto stropicciato con su scritto “Con afetto, Luis Henrique”. (I brasiliani usano poco le doppie!)
A pagare il Lar (e libri, quaderni, matite) a Luis Henrique siamo io e mio marito. Dividiamo la cifra in due parti uguali: 250 mila lire io, 250 mila lire lui, che guadagna molto di più di me. Ma così ci sentiamo genitori adottivi entrambi perché la scelta è stata fatta assieme, io e lui solamente, come quando abbiamo deciso di mettere al mondo un figlio (cioè nel nostro caso due!) Avrete capito che il mantenimento del piccolo brasiliano costa solo mezzo milione all’anno, una miseria se paragonato alla retta dell’asilo dei nostri due gemelli, Riccardo e Rosellina.
Certo il nostro gesto - ne siamo consapevoli - è come un mattone pollicino che dovrebbe sostenere un nuovo asilo. Poco, ma si sa, mattone dopo mattone, ecco le mura, ecco le aule, il giardinetto, la sala da pranzo.

 Se volete partecipare con un vostro piccolo mattone, contattate Suor Maria Consonni al numero 06-66418021. L’indirizzo dell’istituto delle suore francescane angeline è Via di Villa Troili,26 -00163 Roma. Suor Maria e le sue consorelle hanno bambini da sostenere un po’ ovunque, perché ovunque sono presenti con i loro “Lar”. Aiutano i bambini africani, i colombiani, i brasiliani. Noi abbiamo dato fiducia a loro, alle suore angeline, e sostegno al piccolo Luis Henrique che, da laggiù, ci manda ogni tanto i suoi bacetti.

Maternità e lavoro, una scelta impegnativa

Thursday, 21/10/1999

Di Valentina Massinelli

Mentre lo Stato si dota di un Ministero per le Pari Opportunità, il Governo vara nuovi incentivi a sostegno della maternità ed il Papa benedice la sacralità della famiglia, le donne che scelgono di diventare madri si trovano spesso di fronte ad un bivio. Non importa che si tratti di un ufficio grande o piccolo o di un lavoro più o meno qualificato. Le regole spietate, improntate unicamente alla logica del profitto, che governano il settore privato colpiscono a tutti i livelli. Produci di meno? Non sei più flessibile? Se sei fortunata sarà solo la tua carriera a risentirne, nel peggiore dei casi invece l’azienda si renderà conto che non gli conviene più tenerti, al tuo posto ci metteranno qualcuno che non ha figli, magari più giovane oppure addirittura che porta i pantaloni, tanto per non correre rischi. E se l’ufficio ha meno di quindici dipendenti non c’è neanche bisogno di una giusta causa o di un giustificato motivo, come recita le legge, a patto che il datore di lavoro sia disposto a sborsare qualche milione in più come indennità di licenziamento.

A me è successo al ritorno da soli due mesi di congedo facoltativo per maternità. Una telefonata una settimana prima del rientro mi annuncia che per me in ufficio “non c’è più posto” e mi offrono dei soldi per restarmene definitivamente a casa. Ovviamente nessuno ammetteva che la mia bambina era la causa della loro decisione, ma parlavano di “riorganizzazione del lavoro” all’interno dell’ufficio. Guarda caso la riorganizzazione incideva soltanto sul mio posto di lavoro e il fatto che ero l’unica impiegata sposata con bambino e l’unica con un contratto a tempo indeterminato era solo un caso.

La vicenda di Mara invece sfiora la beffa: due volte incinta e due volte licenziata perché quando è arrivata la prima lettera di licenziamento aspettava già Chiara. Laura, 33 anni, invece è stata più fortunata, ma per tenersi il suo lavoro deve far “dimenticare” di essere madre: se le occorre un’ora per portare la bambina dal pediatra, dice che deve riprendere la macchina dal meccanico. O se la bimba sta male dice che sta male lei.

E pensare che in un recente convegno svoltosi a Los Angeles (USA) è emerso che durante la gravidanza il cervello ha la possibilità di modificarsi ed evolversi rendendo le future madri più intelligenti!

Le informazioni sui diritti delle lavoratrici madri sono nella legge n. 1204 del 30 dicembre 1971 e sulla gazzetta ufficiale 18 gennaio 1972 n.14

Informazioni su Internet si trovano cliccando la voce “gazzetta ufficiale” su qualsiasi motore di ricerca oppure consultando il sito www.leggi.it

Un lavoretto piccolo piccolo.

Thursday, 21/10/1999

Tra una pappa ed un cambio di pannolino, sempre più mamme decidono di ritagliarsi un po’ di tempo per un lavoretto a domicilio. Si tratta spesso di donne che per vari motivi hanno lasciato il lavoro che svolgevano prima di avere il bebè, ma che desiderano fare comunque qualcosa, anche se con modi e tempi meno stressanti e soprattutto compatibili con i ritmi del bambino.

C’è chi, ad esempio, mette a frutto abilità che prima impiegava in ufficio: chi conosce una lingua stranieraesegue traduzioni da casa oppure dà ripetizioni agli studenti del quartiere. Chi è abile con il computer esegue battiture di tesi o testi ( le Università sono piene di studenti che richiedono questo servizio). Il segreto è “pubblicizzarsi”, e ingenere questo avviene con il passaparola.

Nel mio palazzo, una neo-mamma esegue piccoli lavori di sartoria. Ha iniziato facendo un favore ad un’amica che aveva bisogno di scorciare i pantaloni ed ora che la voce si è allargata, stringe e allarga gonne, vestiti ecc. per tutto il vicinato. 

Altre mamme invece riescono a vendere i loro prodotti grazie alla collaborazione di qualche negoziante: dai maglioncini eseguiti a mano o con la macchina da maglieria, ai lavori di ricamo sui corredini, alle saponette profumate fabbricate a casa con essenze naturali.

Chi, poi, sa navigare in Internet ha la possibilità di trovare tantissime opportunità di lavoro a domicilio o di telelavoro. Ci sono ditte che offrono lavori di cucito, trascrizioni di indirizzi, incollaggio di etichette, inbustamento di deplian. Naturalmente bisogna usare un po’ più della normale cautela quando si selezionano questo tipo di offerte di lavoro. 

Per quanto riguarda invece il telelavoro occorre munirsi di un computer, un modem ed una linea telefonica e le offerte di lavoro vanno dall’inserimento dati, alla trascrizione di nastri di convegni, alla recenzione di schede bibliografiche, alla correzione di bozze, alle ricerche bibliografiche, storiche, culturali, ecc. Il materiale viene scaricato da Internet nel proprio computer, elaborato secondo la richiesta e rispedito tramite posta elettronica. 

Per la ricerca dei siti basta utilizzare un qualunque motore di ricerca e digitare “lavoro a domicilio” o “telelavoro”.

Découpage, stencil, patchwork ed altro ancora per le mamme che vogliono dare sfogo alla loro creatività. La casa editrice DEMETRA pubblica le collane “I manuabili” e “Del segno e del colore”. Si tratta di simpatici manuali, dal costo contenuto (da 13.000 a 16.000 lire), ricchi di fotografie e disegni che introducono passo dopo passo all’arte di lavorare la carta pesta, costruire bambole, fare cuscini antichi e moderni, dipingere e incidere sassi o creare e decorare cornici usando, volendo, materiali di recupero all’insegna dell’economicità.

I manuali si possono acquistare presso la libreria Demetra in Corso Vittorio Emanuele II, 35.

DITECELO!

Thursday, 21/10/1999

di Benedetta de Vito

Come tutti i giornali che si rispettino anche Giacomino ha la sua storia. Tutto comincia in una bella mattina di aprile, a Villa Torlonia, con un bambino vero, Giacomo,  portato a spasso dalla sua mamma vera, Sara. Sono lì, dunque, come ogni mattina, nell’allegra mischia quotidiana di passeggini, tricicli, bimbi, mamme e tate. Come capita ogni giorno nei parchi romani frequentati dai più piccini, si intrecciano le solite domande che almeno una volta (ma spesso molto di più) hanno fatto tutte le mamme del mondo. Comprese quelle di Villa Torlonia. “Tu che cosa dai da mangiare a Filippo?” “Quanto dorme al pomeriggio Valeria?” “Hai deciso dove portare Marco all’asilo?”. E altre consimili golosità. Sara (che da ragazza faceva la giornalista…) è tutt’orecchie e tutta lingua. Chiede, ascolta, registra. E pensa che ti ripensa finisce per inventarsi il fratellino virtuale di suo figlio: Giacomino nasce su Internet ed è un piccolo successo con le sue mille visite giornaliere. Pochi mesi dopo, Giacomino si fa tabloid: una scommessa vinta . Intanto Sara arruola mamme pronte a raccontare i loro segreti, gli indirizzi, le dritte: insomma noi, le mamme adottive di Giacomino. Così Valeria ha parlato del parco dove porta la sua bambina, Claudia ha raccontato di come guarisce il suo bambino con il Reiki,  Gemma ci ha portato a Piazza Vittorio, Valentina ci ha fatto scoprire il mondo della scherma e quello delle banche del tempo. Tutte abbiamo fatto del nostro meglio, ben sapendo quanto è dura fare la mamma e quanto, ancora di più, lo è a Roma. Adesso, però, tocca anche a voi. Ognuna di voi, ne sono sicura, sa qualcosina - una dritta, una chicca, un nonsoché - che potrebbe arricchire Giacomino e, cosa ancora più importante, facilitare la vita ad altre mamme. Insomma scriveteci, faxateci, emailateci (o come caspita si dice!). Sia chiaro che non ci aspettiamo “articoli”, ma segnalazioni, due-parole-due, un messaggino corto così. E allora, DITECELO, cioè raccontateci quello che vedete, riferiteci tutto ciò che vi sconforta o vi mette allegria, ciò che vi indigna o che, viceversa, vi piace. Ci sono troppe popò di cani? Troppe cicche, troppe altalene sgangherate? Oppure, ci sono i ponies (evviva!) o un chioschetto per un caffè (doppio evviva!) oppure gatti, colombi, piccioni.  Che è poi quanto hanno fatto Valeria o Ester e quello che, modestamente, faccio anche io. Insomma, gentili signore, DITECELO.

IL TRASLOCO A MISURA DI BAMBINO

Thursday, 21/10/1999


di Manuela Scopone

Quando i bambini sono piccoli sembrano essere molto attaccati alle loro abitudini. E non tollerano bene i cambiamenti, soprattutto quelli che riguardano l’ambiente nel quale sono abituati a vivere. Così, anche  le vacanze al mare o in montagna, o una gita di qualche giorno in albergo possono causare qualche problema di adattamento: “Torniamo a casa” ci implorano, in genere quando è ora di andare a dormire.
Chi deve traslocare da una casa all’altra con i bambini, poi, deve affrontare qualche disagio in più. E qualche preoccupazione in più.
La figlia di una mia amica, per qualche settimana successiva al trasloco ha manifestato il suo disagio facendo pipì a letto.
Dopo quattro anni, Filippo – nonostante abbia ora una casa più bella, una cameretta tutta per sé e un bel giardino – rimpiange ancora la sua vecchia casa, anche se si è spostato di poche centinaia di metri.
Certamente, cambiare casa, per i bambini, è sempre un po’ traumatico. Improvvisamente  vengono a mancare i punti di riferimento (i rumori, la luce di notte, la collocazione della camera di mamma e papà ).
Cosa possiamo fare, allora, per attutire questa sofferenza?
Per prima cosa parlare con loro. Prima e dopo il trasloco. E ascoltare le loro paure, con pazienza e comprensione. Così, se la prima notte hanno bisogno di sentirsi vicino a mamma e papà, è meglio non essere troppo intransigenti.
E’ importante, poi, coinvolgerli quanto più possibile . Portiamoli a vedere la nuova casa prima del trasferimento. Discutiamo con loro su dove andranno sistemati i mobili, il letto. Affacciamoci con loro alla finestra per vedere cosa c’è fuori.
Anche qualche accorgimento ”tecnico” non guasta. Perché il bambino non si senta improvvisamente senza punti di riferimento, è necessario quanto prima ricreare nella nuova abitazione l’ambiente domestico, partendo proprio dalla stanza dei bambini.
 ”E’ bene coinvolgere i piccoli sia quando si impacchettano le cose sia quando si risistemano gli oggetti nella nuova abitazione” suggerisce Laura Cicatiello della ditta di traslochi Cicatiello International Movers (numero verde 800-554401). “Spesso i genitori tendono a tener fuori i bambini dalla che si crea intorno ad un trasloco. Ma la nostra esperienza ci ha insegnato che è meglio far partecipare i bambini all’evento. Così, nonostante il gran da fare, i nostri operai non dimenticano di giocare un po’ con i piccoli, dandogli le scatole da riempire, aiutandoli a incartare il peluche del cuore e, quando arrivano a casa nuova, a ritrovare le loro cose. In tal modo, i bambini non si sentano strappati dalla loro cameretta, dai loro giochi e vivono meglio il cambiamento”

IL LATTE DEL SENO MATERNO

Wednesday, 21/10/1998


Allattiamo al seno i nostri figli. Ce lo chiedono proprio loro, quei piccoli appena nati che istintivamente - subito dopo il parto - cercano i capezzoli della madre.  E il Comune di Roma  scende in campo per dar voce ai diritti dell’infanzia, primo fra tutti quello di ricevere il latte materno.  Un diritto per niente acquisito, visto che nel nostro Paese sono ancora pochi i neonati  (23,5%) che vengono “attaccati” al seno della madre subito dopo la nascita.  Nei nostri nidi, biberon e poppate al seno vengono alternate (33%) e si pratica poco (28%) l’allattamento a richiesta. Inoltre - invece di invitare le mamme che hanno latte (65.9%) a proseguire con il metodo naturale - gli ospedali consegnano loro campioni gratuiti di latte artificiale. Contravvenendo, così, alla legge che vieta di propagandare in questo modi tali  prodotti.
L’Organizzazione mondiale della Sanità (O.M.S.) e il Fondo Internazionale di emergenza per l’Infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF)  da anni  sono impegnati a stringere accordi con i Paesi di tutto il Mondo perché le società promuovano l’allattamento naturale e aiutino le donne dopo il parto a proseguire su questa strada. Il  Comune di Roma, quindi, scende in campo in prima persona per sensibilizzare l’opinione pubblica: manifestazioni, campagne pubblicitarie, fino ad arrivare nelle scuole - elementari e medie - per educare i futuri genitori.
Domenica 10 maggio, in occasione della Festa della mamma , Marina Viro e Daniela Aureli dell’Ufficio di Prevenzione e Salute dell’Assessorato alle Politiche per la Città dei Bambini e delle Bambine , hanno dato inizio a questa grande iniziativa. Al Parco degli Aranci, hanno presentato il loro progetto in una cornice festosa e di attiva partecipazione. Mamme con il pancione e non hanno risposto in massa all’invito del Comune. E le stesse donne hanno dato vita ad una improvvisata tavola rotonda sull’argomento, riportando ciascuna le proprie esperienze ed i suggerimenti per realizzare fino in fondo quello che poi è l’istinto di ciascuna donna: allevare i propri figli nel migliore dei modi possibili. A cominciare dall’alimentazione. Naturalmente al seno.
Giacomino n.0 del 15 giugno 1998

Il latte materno può salvare dalla morte

Wednesday, 21/10/1998

Un milione di bambini, ogni anno, potrebbero essere strappati alla morte se solo fossero allattati con il latte materno nei primi sei mesi di vita. Lo dice l’OMS –l’Organizzazione mondiale della Sanità. Il latte materno -  spiega Luciano Proietti, del Gruppo Medico-Scientifico - è più nutriente, più igienico, più a buon mercato di qualsiasi latte artificiale e, dal punto di vista nutritivo, un bambino non ha bisogno d’altro alimento o bevanda durante i primi sei mesi di vita. L’allattamento immunizza il bambino contro le infezioni più diffuse e riduce i rischi di cancro alla mammella e alle ovaie per le donne. Nonostante ciò – aggiunge Proietti – vi è una tendenza - a livello mondiale - a preferire l’allattamento artificiale a quello naturale. Perché?  Perché sono sempre più numerose le donne che lavorano fuori casa. Perché i reparti di ostetricia e maternità non sono adeguatamente organizzati. E perché la pubblicità martellante riesce a convincere che nutrire i figli con il biberon è più moderno ed efficace.
Eppure – spiega Proietti - è dimostrato che un bambino che ha ricevuto il latte della madre si ammala molto meno rispetto ad un altro allattato artificialmente:” E’ più protetto dalle malattie intestinali, dalle diarree acute e croniche, dalle infezioni delle vie aeree, dall’otite media, dalla meningite purulente, dalle  infezioni delle vie urinarie, dalle allergie, dalle tonsilliti”

Giacomino n.00 luglio-agosto 1998

QUANTO DEVE DURARE L’ALLATTAMENTO AL SENO?

Wednesday, 21/10/1998

La risposta è semplice, dicono gli esperti: quanto più a lungo possibile. Il problema – aggiungono – è piuttosto quando iniziare lo svezzamento. Attualmente, la pediatria suggerisce di introdurre cibi nuovi verso il quinto/sesto mese in rapporto alla presenza o meno di allergie ed alla crescita del bambino. 
La “Dichiarazione degli innocenti” redatta nel 1990 dall’Oms e dall’Unicef sostiene che per raggiungere l’obiettivo globale di una migliore salute e di una più corretta alimentazione della madre e del bambino, tutte le donne dovrebbero essere messe nella condizione di praticare l’allattamento al seno, e tutti i neonati dovrebbero essere nutriti soltanto con il latte materno dalla nascita fino ai 4/6 mesi di vita. I lattanti, poi, dovrebbero continuare ad  essere allattati al seno fin oltre i due anni di età, ricevendo allo stesso tempo alimenti complementari adeguati.
 Ma perché tanto insistere sui benefici dell’allattamento naturale? A molte donne, oggi, sembra scontato che il latte materno rechi più benefici rispetto a quello artificiale. Eppure, soltanto trenta anni fa, ci fu una vera e propria campagna contro l’allattamento al seno. Durante un congresso – racconta il dottor Luciano Proietti del Gruppo Medico-Scientifico dell’Unicef – i fautori dell’allattamento al seno vennero tacciati pubblicamente di essere superati, amoderni e poco scientifici. Così, in Italia, erano pochissime le donne che allattavano al seno (in alcune regioni non superavano il 10 per cento). Oggi – aggiunge il dottor Proietti -  dopo aver constatato i problemi creati dall’allattamento artificiale, è difficile trovare un docente di pediatria che non riconosca i vantaggi del latte materno.
Giacomino n.1 del 15 settembre 1998

COSA FARE PER FAVORIRE L’ALLATTAMENTO AL SENO?

Wednesday, 21/10/1998


E’ necessario che si crei una “cultura dell’allattamento al seno” e la si difenda energicamente dalla “cultura dell’allattamento artificiale” , dice il dottor Luciano Proietti del gruppo medico-scientifico dell’Unicef. Devono essere compiuti sforzi per accrescere la fiducia delle donne nella loro capacità di allattare, attraverso l’eliminazione di restrizioni e di influenze che alterano la percezione ed il comportamento femminili, spesso con mezzi insidiosi ed indiretti. Inoltre – aggiunge il dottor Proietti  - dovrebbe essere eliminato qualsiasi ostacolo presente all’interno del sistema sanitario, del mondo del lavoro e della comunità. Ogni governo – dice – dovrebbe sviluppare politiche nazionali di allattamento al seno, fissare obiettivi e istituire un sistema nazionale per il controllo del raggiungimento di tali obiettivi.
L’organizzazione mondiale della Sanità e l’Unicef hanno lanciato una nuova campagna che chiede agli ospedali ed ai reparti di maternità di diventare “Amici dei bambini” impegnandosi ad osservare un preciso codice di condotta.
“Il comportamento di ostetriche, pediatri, puericultrici –  sostiene il dottor Proietti – influenza profondamente milioni di madri e nelle primissime ore dopo la nascita si decide se una donna riuscirà o meno ad allattare al seno il suo bambino”.
Il dottor Proietti lancia un’accusa agli ospedali italiani. Oggi – afferma - in molti dei nostri ospedali, i neonati vengono sistemati in sale separate e viene loro dato il biberon dopo la nascita “in attesa della montata lattea”, quando sappiamo che è proprio il latte dei primi giorni, il cosiddetto colosto, quello che fornisce anticorpi e fattori difensivi importantissimi per la salute. 
Inoltre – aggiunge – alle mamme vengono spesso offerti campioni gratuiti di prodotti con lo scopo di pubblicizzare una determinata marca e questo sistema della fornitura gratuita di latte artificiale nei reparti di maternità è estremamente diffuso e rappresenta uno dei canali privilegiati per la promozione dei sostituti del latte materno.
Giacomino n.2 del 15 ottobre 1998

 
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