Piazza Vittorio: giostre e mercato
di Ester Ponti
Qualche giorno fa, con il mio bambino, sono andata a fare la spesa a Piazza Vittorio. Ho trovato le clementine a 650 lire al chilo e banchi dove non si parlava italiano, ma una sorta di strana parlata cittadina che mi ricordava tanto Blade runner. E poi c’erano facce nere e gialle, marocchini, zingare, ucraini ed era tutto un toccar merci, chieder prezzi, tutto un vociare da mercato, un via vai da suk che incantava il piccolino e a me (lo confesso) faceva venire mal di testa e una gran voglia di tornarmene a casa. Poi ci siamo infilati nel giardino (appena risistemato), incorniciato da banchi e bancarelle ed è stato come girar la pagina di un giornale. Nel giardino di Piazza Vittorio - camminando giù giù verso via Principe Eugenio - abbiamo trovato, con mia sorpresa, giostre, altalene, scivoli, insomma un piccolo parco giochi attrezzato e per di più tutto fatto di legno, gradevole alla vista e naturalmente solido. C’era anche un cavalluccio di legno per inventarsi cow boys e fare il rodeo, roba che Luca, il mio bambino, non voleva più scendere e sarebbe ancora lì se non fosse arrivato il piccolo imbacuccato Marco, aspirante uomo del far west. Per noi mamme, ci sono panchine per leggiucchiare qualcosina, mentre i pupi scorazzano, calciando le foglie gialle che solerti “operatori ecologici” caricavano su un camioncino celeste, rendendo forse troppo nuda la terra battuta. Peccato che i bambini si contassero sulla punta delle dita e quei pochi (due a dirla tutta) che giocavano erano accompagnati da più parenti: piazza Vittorio, si sa, non ha una buona nomea e l’Esquilino, come si lamenta chi vi abita, è abbandonato a se stesso. Mio marito ci scherza su: “Se incontri un bianco, puoi dirgli Mister Livingstone, I suppose”. Luca, però, vuole tornarci nel giardino tutto piemontese, cuore dell’unica piazza con i portici (francamente superflui per il clima romano) della Capitale.