adozioni internazionali: stop al fai da te

adozioni internazionali: stop al fai da teLe procedure saranno curate solo da un’apposita Commissione


di Patrizia Mencarani

Da agosto, la nuova legge sull’adozione internazionale ( la 476 di ratifica della convenzione dell’Aja, approvata a dicembre scorso) non è più lettera morta : il Consiglio dei Ministri ha approvato il regolamento per ” la costituzione, l’organizzazione e il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionale” (art. 38) che, di fatto, la rende applicabile. Sarà, infatti, proprio questa Commissione ad autorizzare l’attività degli enti a cui – secondo la 476 - dovranno obbligatoriamente rivolgersi gli aspiranti genitori.

La normativa stabilisce infatti che chi abbia “ottenuto il decreto d’idoneità, deve conferire incarico a curare la procedura di adozione ad uno degli enti autorizzati”.

Proprio gli enti autorizzati ( in vigore entro l’anno) sono la vera novità della riforma e dovranno mettere fine alle cosiddette “adozioni fai da te”, quelle cioè tramite i privati , garantendo maggiori sicurezze sia ai genitori sia ai bambini. Un potente argine contro il fenomeno dilagante e sempre più preoccupante del traffico dei bambini e delle adozioni clandestine.

La normativa prevede inoltre : tempi certi e più stretti per ottenere l’idoneità (si dovrebbe passare dagli attuali due anni di attesa a nove mesi ) e, per chi adotta, un regime di sgravi fiscali e un nuovo sistema di congedi e permessi di lavoro, oltre a percorsi di formazione e informazione attivati dagli enti locali.

La Commissione per le adozioni internazionali avrà come presidente un magistrato con esperienza nel settore minorile, nominato dal Presidente del Consiglio dei ministri, oppure un dirigente dello Stato con analoga specifica esperienza: regolerà ruolo e funzionamento degli enti, collaborerà alla predisposizione degli strumenti di informazione sulle procedure giudiziarie e delle attività dei servizi socio-assistenziali e sanitari delle regioni, vigilerà, quindi, su tutto il sistema, intrattenendo i rapporti con gli stati di provenienza dei minori.

Ma se l’adozione internazionale, con la ratifica della convenzione dell’Aja, ha compiuto passi da gigante, restano ancora irrisolti altri aspetti delicati sui quali c’è, ormai da tempo, grande battaglia e forti polemiche. Tra questi, il limite d’età - attualmente ci devono essere almeno 40 anni di differenza tra genitore e bambino -, l’adozione per le coppie di fatto e per i single.

Di tutto questo se ne discuterà prossimamente in Senato. Il testo di riforma dell’adozione è, infatti, nei cassetti della Commissione speciale per l’Infanzia. Prevede: l’innalzamento di cinque anni del limite d’età per i genitori adottivi (la differenza con i figli passerebbe così da 40 a 45 anni), l’adozione per i single e la possibilità per chi è stato adottato - una volta maggiorenni e previo consenso del Tribunale dei minori - di risalire alla propria famiglia d’origine.

Per le richieste di adozione il testo, per il momento, non modifica la legge attuale: l’adozione resta riservata alle coppie sposate da almeno tre anni e dice no all’adozione per le coppie di fatto e a quelle omosessuali.

Ma su come andrà a finire non si possono fare previsioni, le sorprese potrebbero essere tante. Basta pensare che sono stati presentati più di mille emendamenti.

Un’enormità di richieste di modifica che, in questi giorni, un comitato ristretto della commissione sta cercando di analizzare per arrivare ad unificarne almeno alcune, per poter poi passare più velocemente all’esame della legge.

Le cifre

Quali sono le cifre dell’adozione internazionale? Secondo il tribunale per la giustizia minorile, sono stati 2.095 i bambini stranieri adottati in Italia nel ’97 e, nello stesso anno, le domande di adozione internazionale hanno raggiunto quota 6.217 (contro le 88.530 nazionali), che vanno ad aggiungersi alle 8.712 giacenti.

Le coppie si dirigono preferibilmente verso le nazioni che avendo legislazioni più permissive rendono possibili le adozioni in tempi brevi.

I principali paesi di provenienza dei minori stranieri sono: la Russia (561 minori nel 1997), la Romania (242), il Brasile (239), la Bulgaria (223), la Colombia (173) e l’India (142).

Secondo l’Associazione amici dei bambini (Aibi), in Italia ci sono 50 mila famiglie in attesa di adottare un bambino e, ogni anno, i 27 tribunali dei minorenni concedono dalle 4.000 alle 5.000 idoneità, mentre le adozioni sono dalle 2.500 alle 3.000.

Che cos’è la Convenzione dell’Aja?

Il 29 maggio 1993, a l’Aja, è stata sottoscritta, dai delegati di 37 Stati membri e di 30 Stati ospiti della diciassettesima sessione della Conferenza dell’Aja sul Diritto internazionale privato, una convenzione che detta dei principi comuni per l’adozione internazionale riducendo i conflitti tra le varie legislazioni.

La Convenzione stabilisce delle vie di comunicazione tra le autorità dei paesi d’origine e di quelli di destinazione dei minori adottati, elabora degli strumenti giuridici in materia di protezione di bambini adottati all’estero e si pone alcuni obiettivi prioritari.

Tra questi: definire misure di tutela che possano garantire nell’adozione internazionale la realizzazione del miglior interesse del bambino e il rispetto dei suoi diritti fondamentali, pure riconosciuti dal diritto internazionale; instaurare un sistema di cooperazione tra gli stati contraenti che possa assicurare il rispetto delle suddette misure di tutela e, quindi, prevenire la sottrazione, la vendita, e il traffico dei bambini; garantire in tutti gli stati contraenti il riconoscimento delle adozioni che siano state realizzate conformemente alle disposizioni della stessa Convenzione.

Il caso: ai figli adottivi negata l’identità dei genitori naturali

I figli adottivi non possono conoscere l’identità dei genitori naturali. E’ la risposta del garante per la protezione dei dati personali, Stefano Rodotà alla richiesta di una donna, figlia adottiva, che aveva richiesto - nell’ospedale dove era nata - copia del certificato di assistenza del parto per identificare i genitori naturali.

La legge sulla privacy, la 675 del 1996, non ha infatti modificato la normativa sull’adozione e le recenti sentenze del Tar che stabiliscono la conservazione dell’anonimato della madre.

L’anonimato della genitrice naturale sarebbe giustificato secondo Rodotà “non solo da esigenze di tutela della riservatezza della persona, ma anche da superiori ragioni, attinenti alla salvaguardia degli interessi, giuridici e sociali sia della famiglia legittima e dei suoi componenti, sia degli stessi figli non riconosciuti”.

Il garante della privacy ricorda che la legge 675 “non ha modificato le norme in materia di stato civile, anagrafe ed adozione” in base alle quali l’ufficiale di atto civile e di anagrafe devono rifiutarsi di fornire notizie , informazioni, certificazioni estratti o copie dai quali possa risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dall’autorità giudiziaria.

Per quanto riguarda poi il certificato di assistenza al parto, la più recente disciplina ha stabilito che la dichiarazione di nascita è resa indistintamente da uno dei genitori, da un procuratore speciale, oppure dal medico, dall’ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l’eventuale volontà della madre di non essere nominata”.

Tutto questo, naturalmente, cambierebbe se dovesse passare l’articolo previsto dalla proposta di modifica della legge sull’adozione - in discussione al Senato - che prevede il diritto al riconoscimento dei genitori naturali da parte dell’adottato.

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