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Archivio di 7/2006
LA PRIMA VOLTA DALL’OCULISTA: OCCHIALI SI, OCCHIALI NO
Sunday, 30/7/2006
LA PRIMA VOLTA DALL’OCULISTA: OCCHIALI SI, OCCHIALI NO
Intervista al dottor Maurizio Terrana, Medico Chirurgo specialista in Clinica Oculistica e
Chirurgia Oculare presso la Fondazione G.B.Bietti per
l’Oftalmologia di Roma
D – A che età bisogna cominciare a controllare la vista?
R – Verso i 2 o 3 anni.
D – Non è un po’ troppo presto per una visita specialistica?
R – No, perchè se il bambino ha un difetto della vista bisogna scoprirlo e correggerlo al
più presto.
D – Cosa intende per difetto della vista?
R – La miopia, cioè la difficoltà a vedere da lontano. L’ipermetropia, la difficoltà a
vedere da vicino. L’astigmatismo che non permette una buona visione né da vicino né da
lontano.
D – In cosa consiste la prima visita oculistica?
R – I bambini piccoli, non sapendo leggere, vengono messi di fronte a disegni molto
semplici come la casa, l’albero ecc. di diverse grandezze. Per una corretta determinazione,
comunque, è necessario procedere ad una verifica del difetto con uno speciale apparecchio
computerizzato e dopo aver messo gocce di atropina (o sostanze simili) nell’occhio.
Personalmente, vado per gradi. Se il bambino risponde
bene al tabellone non procedo con le ulteriori verifiche per non spaventarlo. Se, invece,
ritengo necessaria la verifica chiedo ai genitori di collaborare lasciando che siano loro – a
casa - a mettere le gocce. L’esperienza mi ha insegnato che i questo modo i bambini non si
traumatizzano e collaborano meglio durante la visita.
D – Quando, invece, prescrivere gli occhiali?
R – Quando c’è un difetto elevato della vista e soprattutto quando c’è una diversa
gradazione nei due occhi, come nel caso dell’Ambliopia.
D – E se un bambino rifiuta gli occhiali rischia di peggiorare il difetto?
R – No, se il difetto è leggero. In genere, però, i bambini piccoli si lasciano convincere
abbastanza facilmente a indossare gli occhiali. I problemi, invece, insorgono nei più
grandicelli. Verso i 12 – 13 anni gli occhiali possono rappresentare per loro un grosso
problema psicologico.
D – Allora, cosa fare?
R – Se i ragazzi dimostrano senso di responsabilità possono usare le lenti a contatto
D – E’ se chiedono di eliminare il problema delle lenti con un intervento chirurgico?
R - Purtroppo non è possibile. Gli interventi di chirurgia refrattiva si possono fare solo
quando il difetto di vista si è stabilizzato cioè verso i 20 – 25 anni.
D – Bisogna aspettare la maggiore età, quindi, per poter dire addio agli occhiali?
R – Si. Tra l’altro questo intervento – che oramai è più che collaudato – necessita di
apparecchiature molto costose (laser ad eccimeri) che soltanto poche strutture possono
permettersi e non sono strutture pubbliche.
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Curare i bambini con l’Omeopatia
Sunday, 30/7/2006
Curare i bambini con l’Omeopatiadi Giustina Scandaletti
Intervista alla dott.ssa Marta Benetollo allieva della Scuola di Omeopatia del prof. Antonio Negro.
Sempre più genitori scelgono di curare i propri figli con l’omeopatia. Quali sono i vantaggi nell’ambito pediatrico rispetto alla cosiddetta medicina ” ufficiale”?
La medicina omeopatica - sia in campo pediatrico come anche in altre specialità - offre il vantaggio di considerare la persona “in toto” e di rafforzare le sue difese. Meglio ancora: arriva a mantenere quell’importante equilibrio in cui consiste quella che generalmente chiamiamo “salute”. Inoltre, l’approccio terapeutico è molto più dolce rispetto alla cosiddetta medicina ufficiale di cui integra e non ostacola l’attività. Tant’è che prima di ottenere la specializzazione in questo campo - attestata al termine di un serio ed impegnativo corso - bisogna aver completato gli studi universitari di Medicina.
Oggi è diventata un po’ una moda la ricerca di strade diverse per raggiungere il traguardo della propria salute. Che credenziali offre l’omeopatia rispetto alle medicine alternative?
Direi che l’omeopatia vanta ormai un paio di secoli di esperienza proprio sulla natura dell’uomo europeo e sulle sue patologie. Certi dogmatismi si sono per fortuna distrutti strada facendo, e si è invece perfezionato l’approccio con il paziente.
Ma qual è il migliore approccio all’omeopatia, è necessario portare il bambino da un omeopata?
Più che di necessità parlerei di opportunità. Ma la cosa più importante è avere costanza negli incontri con il medico.
Come si svolge una visita dall’omeopata?
E’ in tutto simile a quella classica.
Molto importante è il colloquio con i genitori per conoscere approfonditamente gusti, attitudini ed abitudini del bambino. La differenza è nei rimedi che verranno eventualmente presi.
In questo periodo i bambini sono minacciati dai cosiddetti mali di stagione, e – se vanno a scuola – rischiano di contagiarsi facilmente a vicenda. Come interviene, in questi casi, l’omeopatia?
Rafforzando le difese dell’organismo il che significa preparalo meglio ad affrontare eventuali aggressioni stagionali.
Quali limiti incontra l’omeopatia?
La Medicina omeopatica affianca e non si serve delle stesse armi della medicina tradizionale. Parte da punti di vista diversi. Certo, ad esempio, non può sostituire la Chirurgia anche se talora, attraverso la prevenzione, abbiamo visto che può limitarne l’intervento.
Per qualsiasi ulteriore informazione la dott.ssa Marta Benetollo sarà lieta di rispondere alle vostre domande. Potrete inviare le vostre lettere all’indirizzo Internet CSCANDA@TIN.IT
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Chi è il logopedista?
Sunday, 30/7/2006
L’ESPERTOIntervista alla Dott.ssa Barbara Ardito
Logopedista dell’Istituto di Psicologia del CNR di Roma
Chi è il logopedista?
E’ l’esperto che si occupa dei problemi del linguaggio dei bambini e degli adulti.
Quando i bambini cominciano a parlare?
Premesso che i bambini sono diversi, è utile fare confronti con i figli degli amici per qualità positive in generale, ma può essere dannoso fare delle graduatorie sul chi è il più bravo. I bambini possono dire le prime parole tra gli 8 e i 18 mesi, è inutile spaventarsi se l’altro parla prima.
Il bambini di 12 e 14 mesi usa anche i gesti (Per esempio: indica un oggetto, ce lo porge, ce lo fa vedere) ed è bene mostrare che si capisce. In questa fase il bambino comprende molte parole ed inizia a produrne qualcuna fino ad usare due parole formulando pian piano una frase.
Quali sono i segnali e a che età bisogna preoccuparsi?
I segnali sono diversi e dipende appunto dall’età. Si potrebbe verificare fin dai primi mesi se il bambino non reagisce ai suoni (mentre dorme non viene disturbato dall’agitare delle chiavi o da un rumore insolito).
Verso i 24-26 mesi se dice poche parole (meno di trenta);
altro segnale verso i 4 anni se dice male alcune parole (tatta al posto di tazza, ci invece di si, lota per rosa).
Ancora se a 6 anni circa, all’entrata della scuole elementari, il bambino manifesta grossi problemi a leggere e a scrivere (non riconosce le lettere, le inverte, riesce a leggere e non a scrivere o viceversa).
E per quel che riguarda la balbuzie?
Da piccoli, (3-4 anni) non c’è da preoccuparsi, non bisogna sottolineare le difficoltà del bambino o prenderlo in giro,
ma aiutarlo ad esprimersi per evitare che vada in ansia. Se il disturbo persiste ed è molto invadente allora è consigliabile rivolgersi ad un esperto.
Che consiglio dare alle mamme?
Sono piccoli problemi che insieme genitori, figli e logopedista potranno risolvere.
Consiglio di non spaventarsi ma anche di non aspettare perché queste cose non seguite possono creare disagi nella crescita e quindi in futuro.
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i fiori di bach
Sunday, 30/7/2006
I FIORI DI BACH
di Claudia Giannini
Perché non tentare con qualche goccia d’acqua? Se il pupo urla e sbraita tutta la notte, se sputazza in giro la pappa precipitando nella costernazione la mammina apprensiva, se picchia selvaggiamente i compagni di scuola o, divorato dalla gelosia, approfitta di ogni momento di distrazione degli adulti per tentare di far fuori il fratellino nuovo di zecca, se è timido, insicuro, mammone, oppure ribelle, maleducato, aggressivo, insonne o dormiglione, fifone o spericolato, qualche goccia d’acqua potrebbe rivelarsi un soprendente toccasana. Non un’acqua qualsiasi, va da sé, ma quella particolarissima acqua per così dire dinamizzata, attivata dall’energia di particolari fiori che in essa sono stati opportunamente immersi, nota come Fiori di Bach.. Delle piante che in essa sono stati immersi, l’acqua dei Fiori di Bach non conserva che l’energia, le vibrazioni, e assolutamente nulla della sostanza, ciò che la rende perfettamente fruibile anche da parte delle persone allergiche.
Reperibili senza troppe difficoltà nelle erboristerie e in alcune farmacie, i Fiori di Bach comprendono 38 diversi preparati, adatti alla cura della salute pischica e dei mali sprituali e fisici, con l’aggiunta di un trentanovesimo preparato di emergenza, per le situazioni di choc fisico o psichico. I 38 preparati possono essere variamente combinati tra loro per risolvere tutta un’ampia gamma di emozioni negative, dall’apprensione all’ansia, dall’incertezza all’indecisione, dall’abbattimento alla gelosia, dall’astenia alla scarsa considerazione di sé, e così via. Per la prescrizione, si può ricorrere ad appositi terapeuti, oppure fare da sé, consultando qualcuno dei numerosissimi libri in commercio. Ottimi quelli di Mechtild Scheffeld, edizioni Tea pratica.
Le preparazioni contengono una minima dose di alcool, addirittura inferiore, tuttavia, anche a quella dei preparati omeopatici, ciò che le rende adatti anche ai più piccini. Nel caso dei bambini allattati al seno, sarà sufficiente che i Fiori siano assunti dalla mamma. Poiché i Fiori agiscono solo nel ristabilire l’armonia, non c’è da temere eccessi nel dosaggio né errori nella prescrizione: alla peggio, non avranno nessun effetto. Al contrario, una prescrizione azzeccata (impresa tutt’altro che impervia, tanto più che un bambino piccolo, messo davanti alle 38 bottigliette, afferra in genere da sé quelle che meglio fanno al suo caso: provare per credere) produce effetti che nei più piccini sono di soprendente efficacia e rapidità.
I casi buoni per essere trattati con i Fiori di Bach sono i più diversi: dal bambino iperattivo all’astenico, dall’asociale a quello con difficoltà scolastiche, dal lattante con il sonno disturbato all’adolescente insicuro e complessato, al bambino introverso e piagnucoloso al marmocchio pestifero e asociale, dal pupo scarno e inappetente al famelico trituratore di merendine bisunte.
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asma e bambini
Sunday, 30/7/2006
Asma e bambini
di Brigida Stagno
Tosse frequente, respiro affannoso, espettorato denso, raucedine: sono i sintomi dell’asma - una malattia in aumento soprattutto tra i più piccoli - che può mettere in crisi perfino i genitori meno apprensivi. In Italia ne soffre il 4-5 per cento dei bambini fino agli 8 anni.
A provocare l’asma è un fenomeno detto iperreattività bronchiale “I bronchi - spiega il professor Emanuele Errigo, docente di Allergologia e Immunologia Clinica dell’Università di Roma “ La Sapienza “ – reagiscono in maniera esagerata agli stimoli banali , come uno sbalzo di temperatura o la polvere di casa e la muscolatura delle loro pareti si contrae in maniera eccessiva. In un secondo tempo – aggiunge - i bronchi si infiammano e si riempiono di una grande quantità di muco . I due fenomeni portano insieme a un restringimento del loro diametro che crea un ostacolo al passaggio dell’aria: da qui la respirazione molto difficile e la sensazione di soffocare , tipiche della crisi asmatica”.
Ma quali sono le cause ? “Innanzitutto bisogna distinguere tra asma allergica e non . Nell’asma allergica a scatenare l’attacco sono i pollini delle piante, gli acari della polvere, i peli degli animali, soprattutto i gatti , e alcuni cibi che contengono le proteine dell’uovo o del latte .
Una delle principali cause dell’asma di natura non allergica è invece lo smog che irrita le pareti del bronco. Anche l’inquinamento all’interno delle case gioca comunque la sua parte: sono pericolosi soprattutto il fumo passivo di sigaretta e le muffe , così come le sostanze tossiche contenute nelle vernici , nei detersivi e nei detergenti. Per non parlare poi del fattori ereditari: se la mamma o il papà sono asmatici , lo sarà con molte probabilità anche il figlio. Se uno dei genitori è allergico il rischio per il bambino di avere l’asma è del 40 per cento, se lo sono entrambi, il rischio sale all’80 per cento.
Come si cura l’asma del bambino?
Oggi esistono farmaci molto potenti – spiega il professor Errigo – che hanno reso la qualità della vita del bambino asmatico di gran lunga migliore sia perché diminuiscono il numero delle crisi, sia perché vanno somministrati una sola volta al giorno. Per la terapia si usano i cortisonici che riducono l’infiammazione (sempre presente anche quando apparentemente il bambino sta meglio) e i broncodilatatori che provocano il rilassamento immediato della muscolatura dei bronchi rendendo normale la respirazione. Entrambi vengono somministrati per via inalatoria in bombolette da spruzzare in gola oppure via aerosol.
Nella forma allergiche è importante individuare la causa scatenante e fare prevenzione, cioè cominciare il vaccino (tanto più che oggi esistono vie alternative alla classica iniezione) per bocca o sotto la lingua.
Ma attenzione: il bimbo asmatico non deve essere tenuto sotto una campana di vetro. Anzi può e deve avere una vita normale. “ Può giocare con altri bambini e fare sport – a patto che scelga l’attività fisica più adatta – come il nuoto, il ciclismo non agonistico e lo sci. E’ invece da evitare la corsa libera che può scatenare la cosiddetta “asma da esercizio fisico” la creisi che inizia qualche minuto dopo aver finito l’allenamento” conclude Errigo.
A Roma, l’11 per cento dei bambini fra i 6 ed i 7 anni ed il 10,4% dei ragazzi fra i 13 ed i 14 anni soffre di asma bronchiale. Smog e fumo passivo sono i principali imputati e non solo nella Capitale, ma in tutta Italia dove si stima che un bambino su 10, al di sotto dei 12 anni, debba fare i conti – fin dal primo anno di vita – con questa malattia.
La Federasma – che da anni si batte, tra l’altro, per promuovere campagne di informazione e per sollecitare interventi legislativi che riconoscano l’asma e le malattie allergiche come malattie sociali, ha un sito Internet (fai clic qui per entrare) di grande interesse: news, forum, pneumologi che rispondono alle domande del pubblico, e tutte le strutture specializzate per la cura dell’asma.
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Per quanto tempo dobbiamo conservare i documenti?
Sunday, 30/7/2006
Per quanto tempo dobbiamo conservare i documenti?Ogni tanto viene a tutti il raptus di riordinare il nostro cassetto dei documenti: archiviare o buttare le ricevute? Attenzione, dobbiamo sapere che per alcuni è opportuno conservarli per un certo periodo di tempo.
Dichiarazioni IVA e MULTE
Vanno conservate per 10 anni.
Dichiarazioni dei REDDITI
Vanno conservate per 6 anni.
BOLLETTE della LUCE, GAS, TELEFONO e ACQUA
Vanno conservate per 5 anni.
IMPOSTE COMUNALI e RICEVUTE CONDOMINIALI
Vanno conservate per 5 anni.
BOLLO AUTO
Va conservato per 3 anni successivi alla scadenza.
RATE del MUTUO, PREMI ASSICURATIVI, SPESE MEDICHE e ONERI PREVIDENZIALI
Vanno conservati per 1 anno.
RICEVUTE dei VERSAMENTI dei CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
Vanno conservate fino alla data di raggiungimento della pensione.
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cinemà
Sunday, 30/7/2006
CINEMA
In questa pagina trovate i link ai siti dei film. E le sale cinematografiche di Roma dove vengono proiettati.
Buona navigazione e….buona visione!
Le sale cinematografiche di Roma
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Pedagogista: sentinella dei più piccin
Friday, 28/7/2006
Pedagogista: sentinella dei più piccini di Raffaella Del Core
Ma che cosa fa mai questo misterioso pedagogista che, ci dicono, è una via di mezzo tra lo psicologo e il pedagogo di antica memoria? Giacomino ha girato la domanda a uno di loro. Eleonora Mingoia lavora al Comune di Roma ed è piccola e morbida come la fatina azzurra della disneyana Bella addormentata nel Bosco. Quando parla, è un fiume in piena, e al contempo fa scarabocchi e disegnini su appunti e quadernetti nel suo piccolo studio pieno di libri per bambini e burattini.
“Che cosa fate voi pedagogisti per migliorare la vita dei bambini e quindi anche quella dei loro genitori?
Il nostro compito è di osservare che tutto fili liscio nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento dei bambini dai sei mesi ai quattordici anni. Lavoriamo con penna, blocchetto e questionari. Prendiamo nota di come un bimbo si muove, di come si relaziona con gli altri bambini, di come gioca o studia. Ma ci occupiamo anche delle attività extrascolastiche (arte, musica, recitazione), del disagio fisico (gli handicap), dell’alimentazione.
“Ci spieghi meglio”
Il pedagogista, nelle scuole (quando c’è, n.d.r.) è un po’ come il semaforo verde e giallo: funge da campanello d’allarme. Il bambino che presenta qualsiasi problema - dalla dislessia alla difficoltà a concentrarsi - viene da noi individuato e indirizzato allo specialista giusto: psicologo, logopedista, educatore, assistente sociale.
“Insomma un aiuto concreto per le mamme che qualche volta, disorientate, non sanno dove portare il figliolo svogliato, disattento, iperattivo, apatico?”
Sì, ma siamo anche una sorta di guida per gli insegnanti che per spiegare un problema di matematica o una bella poesia usano, naturalmente, lo stesso metodo per la classe intera. Compito di noi pedagogisti è, invece, fare di ogni piccolo un universo a sé. Infatti ogni bimbo è diverso, ognuno apprende in modo differente e noi cerchiamo di capire il suo codice e di incentivarlo.
“Ogni scuola ha il suo pedagogista?”
No, per ora no, purtroppo, ma stiamo lavorando per esserci.
“Allora, dove potete essere rintracciati?”
Nelle Asl, ad esempio. Oppure negli ospedali, al Comune, alla Regione.
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L’Ospedale di Pierina
Friday, 28/7/2006
L’Ospedale di Pierina
I pazienti? Bambole, orsacchiotti e trenini
Scendendo, dal Quirinale, giù per la via IV Novembre e imboccando la via di Magnanapoli (una rampa di scale che sbocca su piazza Venezia), al numero 9, c’è un piccolo negozio di souvenir, uno come tanti, polverosetto, con una cert’aria modesta d’altri tempi. Se alzate lo sguardo sopra al moderno neon, leggerete una scritta vecchiotta: “Riparazioni bambole”. Quel bugicattolino zeppo di busti di Beethoven e di colossei alti pochi centimetri, infatti, custodisce nel retrobottega un “Ospedale della bambole”. E’ Pierina Cesaretti, da 13 anni, il primario del nosocomio per pupattole e orsacchiotti e si vede da come mostra le sue damine belle come raggi di sole che veste il camice con passione. “Aggiustiamo bambole vecchie e nuove, da pochi soldi o rarità, mettiamo parrucche bionde e brune, persino di capelli veri, ricuciamo occhi ai peluche, ripariamo trenini e burattini, insomma cerchiamo di rimettere a posto tutti i balocchi che ci portano”, dice la dottoressa della bambole, mentre mostra a chi scrive, aprendo una vetrina, i ferri del mestiere: scarpe piccole come ditali, calzette rosa e celesti, treccine e code di cavallo, e poi braccini, visetti, mutande in pizzo, calotte di crani per bambolotti. “Servono per rimettere a nuovo le bambole”, dice la Pierina e per rendere l’idea mi fa vedere i sacchetti che contengono le pupattole rovinate dall’incuria, dal tempo, dai dispetti di generazioni. Ci sono vecchie signorine con la testolina di bisquit e il sempreverde Cicciobello, c’è la bambola parlante con un microfono nel pancino e quella i cui occhioni blu fanno flap flap e si capisce che doveva essere civettuola anche dall’abitino di merletto che porta, nonostante il nerume della polvere. “Devo rifarle il vestito”, mi dice la Pierina leggendomi nel pensiero e mi fa vedere le fotografie delle sue pazienti restaurate, le perle più preziose: vezzose damine, morbidi bebè, tristi pierrot. C’è persino una scimmietta dispettosa che piaceva tanto anche a lei, alla Pierina, signora delle bambole.
L’Ospedale della Bambole di Pierina Cesaretti è in Via Magnanapoli, 9 tel: 066790058
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chiedilo a zio albert
Friday, 28/7/2006
Mamma, perché si muore?
Come rispondere alle domande difficili dei bambini
In Gran Bretagna è uscito un libro prezioso (si intitola “Ask uncle Albert”, cioè chiedilo allo zio Albert, il quale - s’intende - sarebbe Einstein) che insegna ai genitori a rispondere a tono alle domande difficili (e scientifiche) poste dai loro bambini. Interrogativi da panico, del tipo perché brillano le stelle oppure perché l’acqua è liquida o che cos’è il Dna. Russel Stannard, professore di fisica nucleare, risponde con semplicità e senso dell’umorismo e i genitori, commossi, ringraziano. Vi è mai capitato ad esempio che la creatura vi chieda perché, incidenti e malattie a parte, si muore? Una domandina niente male alla quale il nostro risponde così: “Ritengo che la ragione fondamentale sia che le persone si consumino”. Il cuore, per esempio. Funge da pompa per tutto il sangue che ci corre su e giù per il corpo. Continua: “Ogni secondo un battito. Il che significa - spiega l’autore - che, all’età di 70 anni, ha pompato 2 mila milioni di volte. Non sorprende che sia quasi ora di far le valigie”. Una macchina perfetta, il cuore, commenta Stannard e conclude: “Quanto vorrei che le macchine fatte dagli uomini resistessero così a lungo e senza manutenzione!”. Impossibile, aggiunge chi scrive, che - ohilui - ha appena ritirato dal meccanico la bicicletta, bucata per l’ennesima volta tra gli asfalti romani. Torniamo a Stannard che, alla spiegazione scientifica più che chiara, aggiunge un’osservazione più che ragionevole. E cioè che se nessuno morisse, non ci sarebbe più vita perché il mondo sarebbe sovraffollato e nessuno avrebbe da bere o da mangiare. Infatti, prosegue Stannard: “Dal punto di vista dell’evoluzione, è fondamentale che si muoia per far posto alle nuove generazioni. E’ strano, ma vero: la morte è un’importante parte della vita”. Per finire in bellezza, una curiosità. Stannard racconta che, nel nostro codice genetico “che stabilisce come devono essere fatte le diverse parti del nostro corpo ci sia anche un codice che dice al nostro corpo quando dovrebbe morire”.
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