L’Italia dei bambini 25 anni dopo la Convenzione ONU dei diritti dell’infanzia: Save the Children, un bilancio tra luci e ombre
In Italia molte le nuove leggi a loro tutela ma, in un paese in cui i minori sono appena il 16,7% della popolazione, il 13,8% dei bambini vive in povertà assoluta e la dispersione scolastica è al 17%. 50mila nuovi nati in meno rispetto a 25 anni fa. E nel mondo 1 milione di bambini vive in aree in conflitto e più di 1 miliardo e mezzo sperimenta qualche forma di violenza; 650 milioni sono in povertà estrema; 57 milioni non frequentano la scuola primaria e 250 milioni sono fuori da un percorso di istruzione e apprendimento
Grazie all’adozione nel 1989 della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia nel 19911 nel nostro paese sono state approvate nuove e importanti leggi che hanno sancito una nuova visione dei bambini, portatori di diritti e non più destinatari passivi di assistenza. Tuttavia tali leggi stentano a tradursi in una agenda chiara e definita di interventi e politiche per l’infanzia e il risultato è un’allarmante crescita del disagio e impoverimento fra i minori, sia a livello sociale che educativo: il 13,8% - pari a oltre 1,4 milioni - vive in povertà assoluta e la dispersione scolastica è al 17%, 7 punti percentuali sopra l’obiettivo europeo.
Sullo sfondo i grandi cambiamenti che ha conosciuto l’infanzia in questi ultimi 25 anni: il più impattante, la forte diminuzione della popolazione infantile - dal 22% al 16,7% della popolazione totale - , mitigata solo in parte da una crescente presenza di bambini di origine straniera, pari al 10% dei minori; l’avvento delle nuove tecnologie ha visto nascere le prime generazioni 2.0, con l’85% di under 18 che possiede uno smartphone e che dunque ha la possibilità di connettersi in qualsiasi momento e in ogni luogo.
Intanto fuori dai confini dell’Italia milioni di bambini lottano per vedere assicurati diritti fondamentali: 1 milione vive in aree in conflitto e più di 1 miliardo e mezzo sperimenta qualche forma di violenza ; 650 milioni vivono in povertà estrema; 57 milioni non frequentano la scuola primaria e 250 milioni sono fuori da un percorso di istruzione e apprendimento; 230 milioni di bambini non sono registrati alla nascita; 3 bambini su 4 sperimentano una violenta disciplina a casa.
Alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Infanzia che quest’anno coincide con lo storico anniversario dei 25anni dell’adozione della Convenzione Onu sui Diritti dei Bambini, Save the Children, l’Organizzazione che dal 1919 lotta per salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti, e che ha lanciato la Campagna “Illuminiamo il Futuro” per il contrasto della povertà educativa in Italia, traccia un bilancio sulla situazione dell’infanzia nel nostro Paese e nel mondo.
Come è cambiata l’infanzia in questi 25 anni in Italia
Sempre meno bambini e il 10% sono di origine straniera
L’aumento dei bambini figli di genitori stranieri, parallelamente a una costante diminuzione dei minori nel nostro paese, è uno dei cambiamenti più eclatanti degli ultimi 25 anni. I minori in Italia nel 1989 costituivano il 22% della popolazione, nel 2014 sono scesi al 16,7% L’indice di vecchiaia, il rapporto tra anziani di 65 anni o più e i ragazzi sotto i 15 anni, è tra i più elevati al mondo, 154, mentre nel 1989 era 90. Vi è una perdita secca nel numero dei nuovi nati: nel 1989 sono nati 576.268 bambini, a fronte dei 514.308 nati nel 2013.
Il 10% dei minori è di origine straniera. E pensare che, nel 1993, la percentuale di bambini con genitori stranieri nati in Italia era dell’1,2% sul totale dei nati in quell’anno, mentre nel 2012 ( ultimi dati Istat) era del 15% dei nuovi nati.
“La forte diminuzione del numero dei bambini è un segno evidente delle incertezze che rendono sempre più difficile per i giovani, e in particolare per le giovani donne, programmare il proprio futuro. Allo stesso tempo, i dati dimostrano in modo inequivocabile come nel nostro paese, al crescere del numero dei figli cresce nelle famiglie l’incidenza della povertà. Nonostante gli impegni assunti, sino ad oggi il nostro Paese non è stato in grado di dotarsi di una infrastruttura sociale ed educativa in grado di supportare i bambini e i genitori nei primi anni di vita. Basti pensare alla carenza – quando non alla totale mancanza – di servizi quali gli asili nido in molte regioni italiane. Ed è scandaloso che ancora oggi buona parte delle risorse europee dedicate agli asili nido restino ancora non spese, mentre sarebbe urgente ridefinire il ruolo stesso degli asili nido, da considerarsi non più servizi a domanda individuale ma servizi essenziali, così come previsto da un disegno di legge attualmente in discussione in parlamento”, dichiara Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa di Save the Children.
La contrazione della natalità è solo in parte compensata dalla presenza dei bambini di origine straniera che 25 anni fa era assolutamente residuale. “E’ indispensabile, a fronte di questi cambiamenti demografici, aggiornare senza ulteriori ritardi la legge, ormai datata, e riconoscere ai bambini che nascono e che crescono in Italia il loro pieno diritto alla cittadinanza, per rafforzare il loro senso di appartenenza alla comunità nella quale crescono e della quale costruiscono il futuro”, prosegue Raffaela Milano.
Educazione e scuola: il 98,4% dei bambini va alla scuola dell’infanzia, ma il 17% poi si “disperde”
Negli ultimi anni, è indubbiamente cresciuta la consapevolezza di quanto sia rilevante sviluppare nei bambini le capacità cognitive e socio emotive insieme alle competenze scolastiche, per garantire a tutti migliori opportunità di crescita personale. Nell’ultimo decennio, si è anche affermata l’idea di quanto sia necessario intervenire nella primissima infanzia per colmare le distanze tra individui avvantaggiati e individui che nascono in contesti svantaggiati e culturalmente deprivati.
Il 98,4% dei bambini in Italia frequenta la scuola dell’infanzia, tra i 3 e i 5 anni, mentre nel 1989 erano circa 3 su 4. E la scuola dell’infanzia, così come la scuola primaria - nonostante gli attuali problemi e carenze di risorse - ha migliorato la qualità del metodo e dei programmi didattici. In questi 25 anni sono cambiati anche i tempi della scuola, con la maggior parte dei bambini al Centro-Nord che si ferma a pranzo nella mensa scolastica e circa il 40% che frequenta classi a tempo pieno alla scuola primaria. Meno positivo il quadro nel Sud, dove i 25 anni di Convenzione non sembrano avere avuto lo stesso impatto costruttivo: in Campania, per esempio, il tempo pieno a scuola è garantito solo nel 6,5% delle scuole primarie e nel 15,3% di quelle secondarie di primo grado.
In generale, negli anni, è decisamente cresciuto il tasso di scolarità nella fascia 14-18, passato dal 66 al 93% anche grazie all’innalzamento dell’obbligo scolastico fino ai 16 anni. Tuttavia, molti di questi ragazzi e, in misura inferiore, ragazze, che si iscrivono alla scuola secondaria di secondo grado o a corsi professionali non completano gli studi: in Italia, rispetto agli altri paesi europei, è ancora molto elevata la percentuale dei dispersi - il 17% -, cioè di coloro che si fermano alla licenza media (a fronte dell’obiettivo Europa 2020 del 10%), con picchi in molte regioni del Sud e in alcune del Nord (es. la Valle D’Aosta).
“E’ necessario che l’Italia si doti di un Piano stabile di interventi contro la dispersione scolastica, con la possibilità di aumentare il tempo pieno, l’implementazione delle attività extra scuola e servizi dedicati all’ascolto e alla tutela delle famiglie”, commenta ancora Raffaela Milano.
La povertà
Il 13,8% dei bambini italiani - pari a oltre 1,4 milioni - vive in povertà assoluta ma gli investimenti per infanzia e famiglia rappresentano appena il 4,8% della spesa sociale.
“La povertà minorile è una emergenza assoluta. Per contrastarla, è cruciale prevedere misure specifiche, quali il supporto alle famiglie, il rafforzamento dei servizi di welfare, la diffusione e la stabilizzazione di misure specifiche di sostegno alle famiglie in povertà estrema con bambini con la nuova social card2. Inoltre l’Italia deve assolutamente dotarsi di uno strumento universale di lotta alla povertà, di cui è priva”, sottolinea ancora Raffaela Milano.
La povertà educativa
Gli effetti della crescente povertà materiale si traducono sempre più spesso in quella che Save the Children definisce “povertà educativa”, cioè in una deprivazione di opportunità formative ed educative anche extra-scolastiche, che consentano ad ogni bambino di sviluppare il proprio potenziale: in questo ambito, i 25 anni trascorsi, non fanno registrare significativi miglioramenti: colpisce che nel paese che primeggia nel mondo per opere d’arte, nessuna regione italiana veda almeno il 50% dei suoi minori visitare un monumento nel corso di un anno (al massimo si arriva al 43,4% della provincia autonoma di Trento mentre il Lazio si ferma al 33,8% e la Toscana al 27,4%). Anche per quanto riguarda la lettura, in molte regioni – soprattutto del Sud - continua ad essere molto bassa la percentuale di bambini che abbia letto almeno un libro in un anno: il 33,9% in Sicilia e il 36,7% in Campania , a fronte del 75,7% in Friuli Venezia Giulia. Relativamente alla pratica sportiva, meno di 1/4 di bambini e adolescenti in Campania fa sport continuativamente, il 31,2% in Puglia, il 32% circa in Calabria e Sicilia, a fronte del 61,6% in Valle d’Aosta.
“La mancanza di opportunità educative pregiudica il rendimento scolastico e blocca sul nascere la possibilità di apprendere, sperimentare e far fiorire liberamente i talenti dei più piccoli. Combattere la povertà educativa significa dare a tutti i bambini non solo una scuola di qualità ma anche spazi educativi sul territorio, accesso al gioco e allo sport, possibilità di leggere libri, conoscere la musica, poter fare una gita o un campo estivo con i coetanei, le attività che abbiamo previsto nei 10 Punti Luce3, che Save the Children sta attivando quest’anno nei quartieri a maggior rischio di povertà o esclusione sociale in altrettante città italiane”, sottolinea Raffaela Milano.
Generazione connessa
Una grande rivoluzione nella vita quotidiana dei bambini e adolescenti -e nella società nel suo complesso - è iniziata a partire dalla fine degli anni ’90, con la diffusione dei nuovi media e, successivamente, delle reti digitali fino ai cellulari di ultima generazione: il 23% degli adolescenti in Italia trascorre tra le 5 e le oltre 10 ore su Internet, l’8% è connesso 24 ore su 24; il 44% non ha bisogno di una postazione per connettersi ma lo fa da qualsiasi posto, grazie alla diffusione del wifi e di dispositivi internet mobili come gli smartphone, posseduti dall’85% di under 184.
In compenso, lo spazio occupato dalla TV, cresciuto negli anni 90, si è ridimensionato negli ultimi anni in seguito a questa rivoluzione.
“I nuovi media giocano un ruolo essenziale nella vita quotidiana dei bambini e dei ragazzi, e possono rappresentare uno strumento utilissimo per acquisire conoscenze e per favorire processi d’integrazione e partecipazione fra i ragazzi. Allo stesso tempo, il loro uso impone nuove sfide educative per il mondo adulto”, spiega ancora Raffaela Milano. “E’ necessario in particolare che la media education sia parte integrante del percorso formativo di bambini e adolescenti, affinché possano acquisire le competenze necessarie per un utilizzo responsabile degli strumenti tecnologici anche in termini di protezione e auto protezione. Save the Children, dal suo canto, porta avanti da anni interventi di sensibilizzazione ad un utilizzo dei Nuovi Media sicuro e responsabile e azioni di lotta allo sfruttamento sessuale a danno dei minori su Internet e tramite Internet, oltre a partecipare ad importanti iniziative in networking come la campagna Se mi posti ti cancello o il progetto Generazioni connesse.”.
Le grandi “conquiste” giuridiche a favore dei bambini
La Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia, ha rappresentato uno spartiacque culturale, assegnando ai bambini un ruolo di protagonisti attivi della società e stimolando, anche nel nostro paese, la nascita di un importante corpus giuridico, a tutela e promozione dei loro diritti. Questo impegno si è tradotto in una produzione legislativa talvolte di eccellenza, alla quale purtroppo non sempre ha fatto seguito un cambiamento concreto.
Basta pensare alla legge 285/97 (L.28 agosto 1997n°.285) che attraverso l’istituzione di uno specifico Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, nasce per rispondere concretamente ai principi enunciati dalla Convenzione, finanziando servizi sociali ed educativi. Tuttavia il fondo è stato progressivamente tagliato e limitato solo ad alcune città (cosiddette “riservatarie”), passando dai 43,9 milioni di euro nel 2009 ai 30,69 per il 2014 fino ai 28,709 previsti ad oggi dalla legge di stabilità per il 2015.
Nello stesso anno, con la legge 451/1997 è stata istituita la Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza ed è stato creato l’ Osservatorio Nazionale per l’infanzia, quest’ultimo con il compito di predisporre ogni 2 anni un piano d’azione nazionale di interventi a favore dell’infanzia e dell’adolescenza. Tuttavia dal 1997 ad oggi si sono avuti solo 3 piani Nazionali infanzia, l’ultimo risale al 2011 ed era privo di copertura finanziaria.
Più recente è l’istituzione e la successiva nomina di un Garante Nazionale per l’infanzia e l’adolescenza (previsto dalla Legge 12 luglio 2011 n. 112), figura raccomandata anche dall’ONU. Analogo ruolo a livello regionale è previsto in tutte le regioni italiane, ad eccezione di Valle d’Aosta e Abruzzo, ma ad oggi sono 13 i Garanti effettivamente nominati.
E apprezzabili nel momento in cui sono state approvate ma ormai inadeguate sono leggi alcuni articoli di legge che riguardano i minori migranti: Il Testo unico sull’immigrazione (Dlg. 25 luglio 1998, n. 286 convertito in Legge 6 marzo 1998, n. 40) per la prima volta ha affermato principio di inespellibilità dei minori stranieri e il loro diritto al permesso di soggiorno fino alla maggiore età. Tuttavia – a fronte dell’arrivo in Italia di un numero crescente di minori migranti, spesso provenienti da aree di crisi (per es. Siria, Palestina, Afganistan, Eritrea e Somalia) - il sistema di protezione e accoglienza dei minori migranti si è rivelato assolutamente inadeguato. Per questo Save the Children nel luglio 2013 si è fatta promotrice di una nuova legge, presentata poi dalle principali forze politiche - legge C 1658 – , che è stata discussa ed emendata in Commissione Affari Costituzionali della Camera, ed è ora in attesa del voto finale.
La condizione dei bambini nel mondo: progressi e sfide
Anche guardando oltre i confini nazionali, la vita quotidiana dei bambini appare migliorata ma al contempo permangono grandi criticità e aree di sofferenza. Tra i miglioramenti registrati dal 1990 ad oggi, spicca, per esempio il dimezzamento del numero di bambini che muore prima dei 5 anni per malattie curabili; la riduzione del 37% dei bambini rachitici, grazie a una migliore alimentazione e accesso al cibo; nell’arco degli ultimi 10 anni il numero di bambini costretti a lavorare è sceso di 78 milioni; 42 paesi hanno bandito le punizioni corporali.
A fronte di ciò, tuttavia, oltre 1 milione di bambini vive in aree in conflitto e più di 1 miliardo e mezzo sperimenta una qualche forma di violenza ; 650 milioni vivono in povertà estrema e ciò comporta una grave deprivazione in termini di salute, nutrizione, educazione e protezione; 57 milioni non frequentano la scuola primaria e 250 milioni sono fuori da un percorso di istruzione e apprendimento; 230 milioni di bambini non sono registrati alla nascita e ciò li esclude da politiche e servizi in loro favore; 3 bambini su 4 sperimentano metodi “educativi” violenti a casa.
Contrasto alla povertà attraverso misure di protezione sociale a favore di bambini e a famiglie; rafforzamento dei sistemi sanitari e gratuità delle cure; educazione e scuola soprattutto ai bambini più emarginati e anche in aree di crisi; messa al bando delle punizioni corporali; ratifica della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia da parte dei paesi che ancora non l’hanno fatto e dei 3 protocolli opzionali. Sono alcune delle principali misure da adottare per migliorare le condizioni di vita di milioni di bambini.
Attraverso i suoi 30 membri nazionali (fra cui Save the Children Italia), Save the Children sta operando in oltre 120 paesi del mondo, nelle zone più disagiate del pianeta, per contribuire a migliorare le condizioni di vita di tanti di questi bambini in difficoltà, con interventi e progetti di educazione, risposta alle emergenze, salute, protezione dall’abuso e sfruttamento, sviluppo economico e sicurezza alimentare, diritti e partecipazione di bambini e di giovani.
“Il 20 novembre non limitiamoci a celebrare un semplice anniversario. Facciamo in modo che questo appuntamento sia l’occasione per fissare nuovi traguardi, concreti e mirati, da raggiungere, per affermare nella pratica quotidiana, e per tutti le bambine e i bambini senza alcuna distinzione, quei diritti fondamentali che la Convenzione ha stabilito come fondanti per ogni comunità civile”, conclude Raffaela Milano.