“La difesa dei minori costituisce un impegno prioritario per le forze politiche e sociali del nostro Paese”
“La difesa dei minori costituisce un impegno prioritario per le forze politiche e sociali del nostro Paese, soprattutto nell’attuale periodo di recessione economica che li vede maggiormente esposti all’abbandono, alla povertà e al rischio di esclusione sociale”, lo ha scritto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato in occasione dell’incontro “I diritti dei bambini al tempo della crisi” promosso per la Giornata nazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza
“Si deve compiere ogni sforzo – ha aggiunto il Capo dello Stato - perché non venga meno la tutela delle famiglie più vulnerabili e venga sostenuto il ruolo centrale della scuola e dei servizi per l’infanzia, affinché siano in grado di fronteggiare con sempre maggiore efficacia tutte le situazioni di difficoltà ed emarginazione. Difendere i diritti dei bambini, contrastare abusi, prevaricazioni e condizioni di sfruttamento che ne violano l’integrità e ne compromettono la formazione e la piena realizzazione, significa – ha concluso Napolitano - non solo riconoscere anche ai più piccoli cittadini la loro dignità di persone ma anche salvaguardare il futuro civile del nostro Paese”.
Intanto, Save the Children denuncia la crescita – a livello mondiale – della disuguaglianza tra bambini ricchi e bambini poveri con gravi conseguenza sulla salute, sulla sopravvivenza e sull’accesso all’istruzione
Nel nuovo rapporto “Nati Uguali” - diffuso in occasione della Giornata Mondiale per l’Infanzia – Save the Children denuncia il fatto che negli ultimi vent’anni si sono raggiunti livelli massimi di disuguaglianza a discapito dei bambini più poveri, una condizione che influisce drammaticamente sulla loro salute, la loro educazione e le possibilità di sopravvivenza, esponendoli maggiormente alle malattie, al ritardo fisico o mentale, e all’abbandono scolastico.
Secondo il nuovo rapporto dell’Organizzazione, che raccoglie i dati relativi a 32 paesi (1), il gap tra i bambini poveri e quelli ricchi a livello globale è cresciuto del 35% rispetto al 1990 – un aumento doppio rispetto a quello riscontrato per gli adulti – con la conseguenza che in alcuni paesi la mortalità infantile sotto i 5 anni per i bambini poveri è doppia rispetto a quella dei più ricchi. In linea generale, il rapporto dimostra che i bambini che nascono con maggiori possibilità economiche hanno 35 volte le possibilità di accedere alle risorse rispetto a quelli più poveri e questo riguarda ad esempio l’accesso all’educazione, alle cure sanitarie, ma anche una minore possibilità di dover lavorare in tenera età.
“I bambini sono i più colpiti da una distanza che continua a crescere inesorabilmente tra chi ha e chi non ha. La disuguaglianza va combattuta senza tregua se vogliamo dare a tutti i bambini la stessa possibilità di vita e di sviluppo, perché possano beneficiare degli enormi passi fatti dal progresso a livello globale,” ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia.
In alcuni paesi la distanza tra bambini ricchi e poveri negli ultimi vent’anni è quasi triplicata, come nel caso del Perù dove è aumentata del 179%. Gli altri paesi meno virtuosi sono Bolivia (+170%), Colombia (+87%), Camerun (+84%) e Ghana (+78%).
Mentre i bambini ricchi hanno addirittura migliorato le loro condizioni, in un quinto circa dei paesi analizzati - Bolivia, Perù, Zambia, Costa d’Avorio, Ghana e Camerun - il reddito dei bambini più poveri è precipitato allargando ulteriormente una distanza già pesante.
Tra i paesi presi in esame nel rapporto, sono 11 quelli che mostrano una variazione in positivo rispetto alla distanza tra ricchi e poveri, ovvero un aumento del reddito nella fascia meno abbiente maggiore di quello riscontrato nella fascia più ricca, e sono Niger, Mali, Burkina Faso, Armenia, Cambogia, Bangladesh, Nicaragua, Egitto, Nepal, Marocco e Giordania. Al contrario, in 12 paesi l’aumento del reddito nella fascia più ricca è stato più del doppio di quello nella fascia più povera, così è avvenuto in Madagascar, Zambia, Kenya, Turchia, Costa d’Avorio, Tanzania, Uganda, Ghana, Camerun, Colombia, Bolivia e Perù.
Non solo nascere povero o ricco determina la cosiddetta “lotteria della vita”, altrettanto importante è dove si nasce poveri: una persona che nasce povera in India ha minori possibilità di una che nasce povera negli Stati Uniti.
Se è vero che la povertà a livello globale è scesa da 2 miliardi nel 1990 a 1,3 miliardi di persone, e la mortalità infantile si è dimezzata, Save the Children fa notare che si tratta di una tendenza che cela in molti casi la totale incapacità del progresso di raggiungere i più poveri tra i poveri.
Una disuguaglianza che in Nigeria, per esempio, determina un rischio di mortalità più che doppio per i bambini con meno di 5 anni poveri rispetto a quelli che invece sono più ricchi. In Tanzania, spesso lodata per gli investimenti sulla salute e sui programmi sociali, la mortalità infantile nel quintile più ricco è scesa da 135 a 90 ogni 1.000 nati, mentre in quello più povero la riduzione è stata modesta, passando da 140 a 137 ogni 1.000 nati.
Ma le disparità non risparmiano nemmeno i paesi più ricchi, come il Canada, dove i bambini con il reddito più basso hanno una probabilità 2,5 volte superiore di avere problemi di vista, udito, parola o abilità motoria.
Per molti bambini, essere femmine, disabili o membri di minoranze etniche, vivere in zone rurali, sono elementi che limitano ulteriormente le proprie opportunità.
Nel mondo 61 milioni di bambini non vanno a scuola. Se tutti i bambini dei paesi a basso reddito avessero accesso all’istruzione, 171 milioni di persone non vivrebbero più in povertà.
Ad esempio, in Brasile i bambini bianchi hanno il 32% di possibilità in meno rispetto ai coetanei di colore, meticci o indigeni di avere gravi lacune scolastiche. In Nigeria, la fascia di giovani che ha attualmente tra i 17 e i 22 anni, ha meno di 5 anni scolarizzazione se fa parte della parte povera della popolazione, contro i 10 anni dei più ricchi.
In termini di genere, al mondo se tutte le femmine avessero lo stesso accesso dei maschi alla scuola primaria, almeno 3, 6 milioni di bambine in più la frequenterebbero: in Indonesia, ad esempio, le donne analfabete sono il doppio degli uomini e le ragazze mai iscritte a scuola sono tre volte i ragazzi. Negli ultimi 4 decenni, l’aumento delle donne con un’istruzione di base ha prevenuto la morte di 4 milioni di bambini.
Nel 1990, la maggior parte dei poveri, pari al 93%, viveva nei paesi a basso reddito. Oggi, il 70%, quasi un miliardo, vive in paesi a medio reddito, che rappresentano, secondo Save the Children, la maggiore sfida per promuovere un contrasto alla disuguaglianza e favorire una maggiore condivisione dei progressi della crescita. Inoltre il problema della povertà relativa e assoluta aumenta ogni giorno anche nei paesi al alto reddito, accompagnata dalle minori risorse investite in educazione e servizi per l’infanzia.
A tale proposito, il 4 dicembre Save the Children Italia, lancerà l’Atlante dell’Infanzia (a rischio) in Italia, l’annuale pubblicazione che è la cartina di tornasole sulla situazione di bambini e adolescenti nel nostro paese, con uno sguardo al futuro.