Archivio di 10/1998

Museo delle cere

Wednesday, 21/10/1998

Per i più piccini potrebbe essere un’emozione trovarsi faccia a faccia con Biancaneve e i sette i nani, o con la bella addormentata nel bosco, pari pari a come li ha immaginati Walt Disney, in carne ed ossa o press’a poco. L’illusione, per lo meno, è perfetta. Anche i personaggi dei cartoni, difatti, fanno parte dell’ampia galleria di personaggi del Museo delle cere, ritratti a grandezza naturale e con un realismo a tratti inquietante. Ai piccoletti è dedicato anche il settore degli animali preistorici. Va detto però che il museo non offre altro che possa interessare bambini in età prescolare. Per loro anzi, a ben guardare, questa sorta di zombie dallo sguardo vitreo potrebbero risultare vagamente terrificanti.

Una visita al Museo delle cere, dunque, sarà senz’altro più indicata per bambini dai 6-7 anni in su, che incontreranno qui personaggi dalle fattezze, anche per loro, più o meno familiari, come Giuseppe Garibaldi, Napoleone, Dante Alighieri, la Gioconda, Padre Pio, Papa Giovanni, Giulio Cesare (popolare anche tra i più piccini grazie ai cartoni di Asterix), Cristoforo Colombo o Hitler. Per i più tosti, sono in mostra anche alcuni strumenti di esecuzione: sedia a gas, sedia elettrica, garrota.

Il Museo - al numero 67 di piazza SS.Apostoli, ad un passo di piazza Venezia, tel. 06-6796482 - è aperto tutti i giorni, week-end e festivi compresi, dalle 9 alle 20, con orario continuato. Il biglietto costa 8 mila lire, per grandi e piccini.

I daini di Palazzo Chigi

Wednesday, 21/10/1998
Una gita ad Ariccia, tra arte e prelibatezze

di Sabina de Vito

Se zitti, zitti, vi avvicinate a una radura del parco di Palazzo Chigi ad Ariccia, nascosti dal groviglio di rami e di cespugli dell’antico bosco consacrato a Diana (nemus aricium), potrete vedere uno spettacolo unico: daini che pascolano tra le rovine romane. La cittadina dei Castelli, che due secoli fa era - pensate un po’ - a un’intera giornata di carrozza sulla strada da Roma a Napoli (una posta, come si diceva allora), oggi è vicinissima alla Capitale. Vi si giunge attraverso un ponte sospeso su una gola vertiginosa tappezzata di alberi e cespugli. Subito si incontra la Piazza di Corte risistemata dal Bernini, con la chiesa a pianta rotonda dell’Assunta, progettata nel 1662, e di fronte la poderosa facciata del palazzo chigiano, uno dei rari esempi di dimora barocca rimasto pressoché intatto. Fu iniziato, nella seconda metà del Cinquecento, dal Savelli, ma furono Bernini e il suo giovane allievo, Carlo Fontana, a conferirgli l’aspetto che ha oggi: una dimora a due piani, comoda e accogliente, elegante e alla moda, ma niente affatto sfarzosa. La villa doveva essere proprio così perché d’estate i Chigi vi ospitavano gli alti prelati pontifici, visto che allora come oggi il Papa e il suo seguito andavano in vacanza a Castelgandolfo. E ora passiamo all’interno. Fermatevi ad ammirare la sanguigna (cioè un disegno eseguito con una matita speciale, color ruggine) di Bernini, con la sacra famiglia, che fu dipinta per commemorare la nascita tanto attesa di un erede maschio, importante, per i Chigi, come un piccolo Gesù bambino, appunto. I piccoli non si perdano la sala del “Trucco”, dove troneggia al centro il tavolo da gioco, una specie di biliardo, eseguito dall’ebanista Antonio Chicari, e la Farmacia con i suoi vasi seicenteschi, tutti intatti come fossero nuovi, e la serie di 150 miniature che rappresentano nobiluomini e nobildonne di casa Chigi. Insomma un’idea giusta giusta per la bella stagione. E poi, non dimenticate di farvi una scorpacciata di porchetta ad Ariccia, di pane casareccio a Genzano e, a Nemi (lì vicino) una bella mangiata di fragole e fragoline…

Ariccia, Palazzo Chigi, piazza di Corte 14. Orari: 10-19, chiuso il lunedì. Biglietto: lire 12 mila, ridotto 8 mila. Fino al 12 marzo, poi, potrete visitare due mostre: una dedicata al “Baciccio”, pittore ligure, l’altra alla pittura barocca romana.

Con Leo al museo

Wednesday, 21/10/1998


di Sabina de Vito

Camminando per Corso Vittorio, lì dove la via si allarga nella piazzetta che porta a Campo de’ Fiori c’è un palazzetto rinascimentale, con il suo bel bugnato rustico e le sue belle decorazioni coi gigli di Francia. Costruito da Antonio da Sangallo nel 1523, fu la dimora di un prelato francese e, poi, di una nobile famiglia marchigiana, i Silvestri. Dall’inizio del Novecento, il palazzetto ospita una piccola, ma preziosa collezione di sculture antiche raccolta da Giovanni Barracco. Se volete fare un quarto di giro del mondo, restando a qualche chilometro da casa vostra, il Museo Barracco fa per voi. Si comincia con gli assiri e con gli egiziani, che scolpivano la figura umana di profilo, dritta e impalata che nemmeno uno stoccafisso. Che differenza tra queste sculture e quelle greche dove i corpi si liberano finalmente dalla pietra che li imprigionava! Le espressioni del volto, però, restano distanti: solo con l’ellenismo i visi si fanno ridenti o incupiti, lisci o rugosi. Sono sicura che vi accorgerete subito di queste differenze.
Se però volete saperne di più allora lasciatevi guidare da Leo, una audioguida che vi farà sentire come dei marziani in visita sulla terra, ma dei marziani istruiti che sapranno rispondere a tono alle domande (alcune sono davvero insidiose…) di un depliant con disegnini a risposte multiple con cui Leo verificherà se avete capito tutto. Si chiama, infatti, “Con Leo al museo” l’iniziativa  gratuita e poliglotta (inglese, francese, tedesco, spagnolo) che dovrebbe ingolosire i più piccini e farli diventare dei frequentatori entusiasti di pinacoteche e gallerie. 
Leo non è solo al Museo Barracco, dove la gita è consigliata ai bambini di 6/7 anni. E’ anche ai Musei Capitolini (è per bambini più gradicelli, di 8/9 anni) dove andrà a caccia (naturalmente insieme ai vostri bambini) dei molti animali che vi si trovano raffigurati: dalla lupa del Campidoglio al leone di San Girolamo.  Al Museo della Civiltà Romana, poi, Leo racconterà ai vostri figli (possibilmente più grandicelli, sui 10/12 anni) la vita quotidiana dei romani, cioè che cosa mangiavano, come studiavano, coem giocavano i piccoli Caius e Tiberius di quei tempi remoti. 

GUSTI DA ADULTI, CURIOSITA’ DA BAMBINI

Wednesday, 21/10/1998

Di Sabina de VitoViva i piedoni sporchi con le unghione non tagliate; viva le contadinotte procaci vestite da Madonne e i santi ignoranti; viva le camere semibuie trafitte da un raggio di sole. Abbasso volti serafici, santi e angeli ben educati coi capelli biondi tagliati alla “paggetto”, figure impalate o dipinte dove fanno fatica a stare in piedi, luci uniformi, storie che non stanno né in cielo né in terra! Insomma, Caravaggio batte Raffaello e Michelangelo 10 a 0: e’ uno degli elementi emersi dal sondaggio di “Giacomino” sulle preferenze dei bambini in fatto di arte e archeologia, realizzato con Anna Rughetti dei Gatti del Foro e Titti Lepore di Mage, che presiedono due tra le maggiori associazioni culturali romane specializzate in visite per bambini.
Secondo Anna Rughetti i gusti dei bambini sono spesso pilotati dai genitori a loro volta influenzati dalle mode culturali: l’egittomania da Indiana Jones e dai libri di Christian Jacques, la preistoria da Jurassic Park. Per la Lepore è l’età a guidare le scelte:i bambini dai 3 ai 5 anni, per esempio, amano particolarmente l’arte contemporanea anche non figurativa basta che sia molto, molto colorata.Ambedue concordano nel fatto che le visite ai monumenti e ai luoghi archeologici romani siano sollecitate dagli studi scolastici. Qui, secondo la Lepore, il primato spetta al Colosseo e al Foro Romano, seguiti da Ostia Antica, Villa Adriana, Fori Imperialim Mercati Traianei e, all’ultimo posto, la via Appia Antica. Viene spontaneo allora domandarsi in che modo i bambini si distinguano dagli adulti. La Rughetti e la Lepore non hanno dubbi: in generale nella partecipazione entusiasta e generosa alla visita e in particolare, nella curiosità verso le cose più misteriose e verso gli aspetti più materiali dell’arte. Stemmi, simboli, oggetti di cui non è ben chiara la destinazione suscitano valanghe di domande, come ci disse anche un guida dell’Isola che c’è. Ma le spiegazioni più “gettonate” riguardano i materiali e le tecniche artistiche: composizione e preparazione dei colori, murature, mosaici, vetrate, che non di rado si desiderano mettere in pratica coinvolgendo le mamme; e insieme le procedure e i tempi di realizzazione, pagamenti, “giornate” di lavoro per gli affreschi: Anna Rughetti ci dice anche la vita quotidiana del passato è fonte di interrogazioni a tappeto e di trasalimenti. E’ forse con un po’ di invidia per i loro piccoli avi antichi romani che i bambini imparano così che le zucchine allora proprio non c’eranoe neppure le patate e i pomodori, quindi non bisognava mangiarli. Mentre ci deve senz’altro far riflettere il fatto che i bambini di oggi conosceranno pure, e giustamente, tutta la storia di Enea, di Romolo e Remo e via dicendo, ma non sanno con cosa diavolo sia fatta la farina; conosceranno pure, e giustamente, panda e orsi bianchi, ma non hanno mai che dico visto, ma neppure ascoltato, dal vero, che dico il nitrito del cavallo, ma neppure il serio e meticoloso razzolare di una gallina nell’aia.

MUSEI BY NIGHT

Wednesday, 21/10/1998


MUSEI BY NIGHT

Dal 15 giugno al 15 settembre 2001 
aperti 61 siti archeologici in tutta Italia fino alle ore 23.00.
A Roma sono aperti:

Castel Sant’Angelo
Lungotevere Castello, 50
tel. 06.6875036
 9.00/23.00

 Galleria Nazionale d’Arte Moderna
Viale delle Belle Arti, 131
tel. 06.322981
 9.00/23.00 

 Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese
tel. 06.8413979
 9.00/23.00 

 Vittoriano 

Piazza Venezia
tel. 06.6991718
ingresso: gratuito  9.00/23.00 

Palazzo Altemps
Piazza S. Apollinare, 44
tel. 06.6833759
 9.00/23.00 

Terme di Caracalla
Via delle Terme di Caracalla, 52
tel. 06.5758626
 9.00/23.00 

Domus Aurea 
Via della Domus Aurea
tel. 06.39749907
 9.00/23.00 

Palazzo Massimo, Terme di Diocleziano
Via De Nicola, 78
tel. 06/4880530
 9.00/23.00 

 Tomba di Cecilia Metella
Via Appia Antica, 161
tel. 06/7802465
 9.00/23.00 

SPERLONGA (Latina) Museo Archeologico
Via Flacca
 9.00/23.00 

TARQUINIA (Viterbo) Museo Archeologico Nazionale
Piazza Cavour
tel. 0766.856036
 9.00/23.00 

TIVOLI (Roma) Villa Adriana
Via di Villa Adriana, 21
tel. 0774.53023

  L’apertura fino alle 23 è resa possibile dall’impiego di 390 custodi e 212 assistenti precari oltre al personale di ruolo.

IL GELATO

Wednesday, 21/10/1998
                                           Dottoressa Isabella Innocente
specializzata in dietologia e dietetica applicata
Gelati e i dolci in genere sono diffusi in tutto il mondo con percentuali di consumi
più o meno elevate a seconda degli usi e costumi.
L’origine del gelato è incerta. Probabilmente gli Arabi furono i primi ad avere l’idea di far gelare i succhi di frutta circondando di ghiaccio i contenitori , e la parola “sorbetto” derivata dall’arabo (sharba = bibita fresca) avvalora l’ipotesi.
Tuttavia sembra che i gelati veri e propri siano stati fatti per la prima volta a Firenze nel sec. XVI (fu indicato come inventore Bernardo Buontalenti), e i gelatieri fiorentini, al servizio di Caterina de’ Medici, fecero conoscere il prodotto anche in Francia. Qui, i gelati ebbero più  larga diffusione nella seconda metà del Seicento, quando il fiorentino Procopio Coltelli aprì a Parigi un locale divenuto poi famosissimo. Oggi il gelato è conosciuto in tutto il mondo, e la sua produzione, soprattutto di carattere industriale, si orienta verso i tipi a lunga conservazione.
I gelati alle creme e alla frutta sono la leccornia del periodo caldo e molto spesso ne facciamo “forzatamente” a meno per paura di perdere la linea, in visione del mare. Questi prodotti sono alimenti a base di latte, zucchero, sciroppo di glucosio, burro, panna, grassi vegetali, uova, cacao, caffè, frutta o succhi di frutta.
La struttura del gelato è ottenuta per congelamento e areazione di una miscela dei suoi ingredienti, selezionati a seconda del tipo di gelato, preventivamente pastorizzata e omogeneizzata.
Da un punto di vista nutrizionale, quasi tutti i tipi di produzione, sono validi. Il più conosciuto, quello a base di latte, ha la seguente composizione media: il 4% di proteine, il 13% di lipidi ed il 21% di carboidrati. Cento grammi di prodotto forniscono circa 200 kcal.
I gelati li dobbiamo considerare alimenti aventi un alto grado di digeribilità ed il loro consumo va considerato nel quadro di un’alimentazione equilibrata.
Il bambino, l’adolescente, l’adulto e l’anziano per mantenere uno stato di salute ottimale devono seguire un’alimentazione corretta e ciò non vuol dire assolutamente eliminare i dolci. Anzi, a volte è importante a livello psicologico concedersi qualche stravizio ed in questa stagione, perché non concedersi un gelato?
Una delle regole fondamentali per rispettare una nutrizione adeguata è quella di non privarsi sempre di ciò che ci piace; questo perché dopo poco tempo potrebbe subentrare un comportamento opposto che farebbe cadere ogni tipo di regola alimentare.
Allora sfatiamo i falsi miti e cominciamo a concedere al corpo ed alla mente qualche strappo alla regola, sempre senza esagerare. Il gelato potrebbe essere consumato in questa stagione in uno spuntino pomeridiano o magari insieme agli amici dopo cena, l’importante, se si vuole seguire delle giuste regole alimentari, sarebbe quello di evitare contemporaneamente cibi molto zuccherati e ricchi in grassi.
Il consiglio che mi sento di dare è quello di seguire sempre uno schema nutrizionale adeguato al nostro organismo e ciò vale per ogni tipo di persona (in pazienti in buono stato di salute o con patologie), ad ogni età (dalla prima infanzia all’anziano), abbinando sempre ad una sana alimentazione l’attività fisica che non deve essere necessariamente estremizzata, in quanto l’importante è fare del movimento  che ci faccia sempre sentire attivi. Anche una passeggiata giornaliera di circa un’ora rende più agile il nostro fisico senza la necessità di fare grandi rinunce alimentari.
E’ essenziale vincere la pigrizia che spesso fa parte della nostra vita quotidiana per sentirci bene fisicamente e psicologicamente, concedendoci un sorriso ricco di allegria  macchiato di gelato!!! 
Dr.ssa Isabella Innocente specializzata in dietologia e dietetica applicata
 

Le paure dei bambini

Wednesday, 21/10/1998


di Claudia Giannini
La paura della notte. La paura della Tv. La paura della scuola. La paura di essere abbandonati perché la famiglia si sfalda.

La paura di non essere all’altezza delle aspettative dei genitori. La paura di non essere belli.

Sono queste le vecchie e le nuove paure dei bambini emerse da un’indagine condotta fra 1.500 alunni delle scuole pubbliche e private di Roma, dal centro all’estrema periferia. L’inchiesta è stata coordinata dal dottor Federico Bianchi di Castelbianco e dalla dottoressa Paolo Binetti, neuropsichiatra dell’età evolutiva dell’Università Campus Bio-Medico di Roma.

L’indagine – nata proprio dal bisogno di capire da dove nascono alcune forme di disagio nei bambini che possono sfociare, per esempio, nell’abbandono scolastico - rivela che molte paure sono uguali a quelle vissute dalle vecchie generazioni (anche se scaturiscono da situazioni diverse), ma molte sono esclusive dei bambini di oggi “dovute al nuovo modello di società che si è andata rapidamente evolvendo e che vuole che il bambino diventi presti un adulto, ma poi non gli da gli strumenti necessari per gestire la propria autonomia.”

Già da piccoli, i nostri figli temono di non essere belli o di essere inadeguati e incapaci, di essere abbandonati e di restare soli.

Ed è proprio la solitudine – e soprattutto la solitudine dai genitori - il nodo centrale intorno al quale si sviluppano le paure.

Nel bambino – spiega la dottoressa Binetti – l’esperienza della paura si lega all’esperienza della relazione di aiuto che gli adulti gli permettono di sperimentare. Il bambino sperimenta insieme la paura e la possibilità di controllarla e da questa esperienza impara ad elaborare strategie di fuga o di controllo a cui lega la possibilità di recuperare il dominio della situazione. La paura non è mai soltanto paura di qualcosa, è anche paura di essere solo davanti a qualcosa di terribile.

“Imparare a non aver paura è diventato condizione e metafora della possibilità di essere considerato maturo ed autonomo – dice il dottor Bianchi – e, in genere, non essere più bambino significa soprattutto aver coraggio e poter controllare la propria paura. Così il bambino impara più a nascondere la propria paura che ad affrontarla e risolverla. E’ la paura di essere giudicato, di essere preso in giro che crea una sorta di capsula in cui restano latenti molte altre paure che spuntano fuori nei momenti più impensati”.

“HO PAURA” , scritto dalla dott.ssa Binetti insieme alla dottoressa Flavia Ferrazzoli - esperta in problemi del linguaggio dei bambini - e alla dottoressa Caterina Flora - psicologa e psicoterapeuta - fornisce il resoconto dell’indagine sulle paure dei bambini e una riflessione sulle strategie educative e terapeutiche che si possono mettere in atto per fronteggiarle e lenirle.

La paura della notte

E’ quella che angoscia di più i bambini, senza distinzione di età. La notte – intesa come lungo momento di separazione – può attivare sentimenti di abbandono. Tutti, da piccoli, abbiamo avuto paura del buio. Ma il buio che faceva paura a noi o ai nostri genitori – dice il dottor Bianchi – era un buio diverso, perché difficilmente si dormiva da soli: le famiglie erano più numerose, in casa c’era sempre un nonno o uno zio e il bambino veniva lasciato raramente con una persona estranea, una baby sitter.

Un tempo c’era più disponibilità a tener compagnia al bambino che andava a letto, c’erano più fratelli e venivano raccontate più favole. Adesso il bambino è spesso affidato alla televisione dalla quale è attratto ma che allo stesso tempo teme.

Lasciare le luci accese o controllare bene che non ci siano mostri sotto il letto e in ogni angolo della stanza non è sufficiente se il genitore non condivide emotivamente le preoccupazioni del bambino.

La paura della TV

Il bambino è attratto dalla Tv ma la teme. E’ come l’adulto che fa la fila al botteghino per vedere il film horror e poi trema di paura in sala.

In TV – spiega il dottor Bianchi - il bambino vede materializzarsi le sue angosce (catastrofi, sofferenze, violenze) e la pericolosità sta nel fatto che spesso si confronta da solo con esse pur non avendo la maturità di porre un limite alle sue visioni. Così, se sente parlare di un terremoto può immaginarselo come una serie di crolli e può averne molta paura. Ma se vede uomini e cani che cercano superstiti o corpi martoriati può vivere un profondo senso di angoscia., e qualche volta le immagini televisive sembrano indugiare proprio sui bambini.

La paura delle immagini televisive è molto diversa dalla paura del “cattivo” delle favole raccontate perché queste - proprio perché raccontate - sono “contenute” da un adulto.

Cosa fare? Prima di tutto – dice il dottor Bianchi – è necessario che le emittenti rispettino le fasce orarie protette risparmiando ai bambini scene di violenza esasperata e linguaggi forti. Poi è necessario limitare la quantità di tempo che il bambino passa davanti alla Tv, soprattutto da solo.

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La paura della scuola

Riguarda soprattutto i maschietti di 9-10 anni. Secondo l’indagine, a scatenare la paura della scuola è soprattutto il forte spirito competitivo che anima i rapporti sia con gli amici sia con gli insegnanti.

I bambini – dice il dottori Bianchi - più che fare gruppo per fronteggiare l’autorità (come facevano i nostri genitori), cercano di primeggiare l’uno sull’altro e vogliono sbalordire l’adulto più che ottenere il suo riconoscimento ( e gli eccessi si vedono nei tentativi di screditare le conoscenze delle maestre). Questi modelli se da una parte seducono il bambino perché gli propongono un’immagine forte, dall’altra lo rendono vulnerabile perché gli chiedono un impegno che va oltre le proprie possibilità emotive e, a lungo andare, causano stress e disagio che sono le principali cause degli atteggiamenti negativi verso la scuola e possono sfociare nell’abbandono. “Non si può vivere quotidianamente in una situazione di disagio – per di più proiettata verso il futuro – senza volerne fuggire”.

Cosa può fare, quindi, la scuola?

Deve allentare lo spirito competitivo e aiutare il bambino a dare il meglio di ciò che ha piuttosto che seguire male un modello di sviluppo. Soprattutto la scuola materna – insiste il dottori Bianchi - dovrebbe valorizzare di più il gioco senza voler trasformare ogni attività ludica in uno strumento conoscitivo. Gioco e lavoro devono essere tenuti distinti se si vuole aiutare il bambino a non vivere continuamente l’angoscia del giudizio.

Piccoli e grandi paure: cosa fare?

Se i più piccoli sono spaventati quando si trovano da soli in bagno, in un primo confronto con la propria intimità, i più grandi, invece, temono di non rispondere al modello sociale e a quei modelli che la pubblicità esalta: competitività, bellezza a tutti i costi, moda. Hanno paura di non poter reggere al modello che gli viene presentato da tutti, a cominciare dai genitori. E pensano di essere poco interessanti perché il tempo che mamma e papà dedicano loro è poco, e spesso è investito in attività frenetiche che diventano occasioni di giudizio più che di incontro

Hanno paura della separazione dei genitori perché hanno sempre più difficoltà a vivere lo scontro come una delle modalità dello stare insieme e nutrono poca fiducia nelle possibilità di riparare un rapporto perché troppo spesso il conflitto porta a rotture radicali.

Ma come aiutare i bambini e, soprattutto, cosa dire ai genitori?

E’ importante – dicono gli esperti – rafforzare nel bambino la fiducia in se stesso, stargli emotivamente vicino, rassicurarlo, ascoltare i suoi racconti senza sminuirli, ma anche senza esagerare. Il bambino deve imparare a parlare delle sue paure e a chiedere aiuto. Può anche sentirsi solo davanti al pericolo, ma non dovrebbe mai esserlo veramente.

HO PAURA” scritto dalla Binetti insieme alla collega Flavia Ferrazzoli - esperta in problemi del linguaggio dei bambini - e a Caterina Flora - psicologa e psicoterapeuta - fornisce il risultato della ricerca sulle paure dei bambini e una riflessione sulle strategie educative e terapeutiche che si possono mettere in atto per fronteggiarle e lenirle.
Edizioni scientifiche Ma.Gi.
£38.000

Minestre e minestroni

Wednesday, 21/10/1998

di Brigida Stagno Di fronte a spinaci, cavolfiori, bieta, peperoni un “NO” secco è quasi la regola. Molto spesso è difficile far mangiare le verdure ai bambini, che mostrano per questi alimenti un vero e proprio rifiuto. Eppure, l’importanza di ortaggi e legumi per difendere la salute e il benessere dell’organismo è stata dimostrata ampiamente da studi clinici condotti in tutto il mondo. La maggior parte delle fibre, delle vitamine e dei sali minerali, si trovano, infatti, proprio nei vegetali, che non devono mai mancare sulla tavola. 
“Grazie al loro contenuto in antiossidanti – spiega il professor Marcello Ticca, ricercatore all’Istituto nazionale della Nutrizione di Roma – le verdure ci proteggono dai radicali liberi, implicati nell’insorgenza delle malattie cardiovascolari, e dei tumori.”
Ma questo non trascurabile  particolare, si sa, ai piccoli interessa ben poco. “Mangiare regolarmente la verdura – aggiunge Ticca – aiuta a mantenere il peso forma, perché a parità di peso questi alimenti contengono meno calorie, sono più voluminosi e quindi aumentano il senso di sazietà. Ecco perché mangiare verdure è utile per combattere anche l’obesità, un problema sempre più diffuso anche tra i più piccoli: oggi il 30-35% dei bambini tra i 5 e i 14 anni è in sovrappeso, soprattutto nel Sud Italia”.
Ma quanta verdura bisogna mangiare? “ Almeno una porzione al giorno, da associare a due porzioni di frutta, un alimento che viene accettato più facilmente dal bambino per il suo sapore dolce. L’ideale, però, sarebbero 5 porzioni al giorno, tra vegetali e frutta”. 
Ma, veniamo al dunque. Considerate le note virtù di questi cibi, come riuscire a farli mangiare ai nostri figli? “Innanzi tutto con il buon esempio – suggerisce Ticca – se il bambino vede fin da piccolo mamma e papà che prendono volentieri un piatto di insalata o di spinaci, piano piano si abituerà  all’idea che mangiare verdura è normale e prima o poi finirà per accettarla. E’ poi importante proporre le verdure fin dalla più tenera età, cioè appena il bambino viene svezzato”.
Inutile, poi, pretendere che ortaggi e legumi piacciano tutti indistintamente. Se il bambino preferisce le carote e considera “cattivi” i carciofi , accontentiamolo. Con gli anni, l’apprezzamento per una gamma più vasta di vegetali, è quasi automatico. Certo, qualche trucchetto è d’obbligo: nei piccoli più ostinati le verdure non vanno presentate nude e crude, ma, per esempio, sotto forma di sformati o mischiati nella pasta asciutta.
Non solo, ma in certi casi bisogna mascherare anche il loro odore con erbe aromatiche, in modo da stimolare il palato anche del bambino più schizzinoso.

L’INFLUENZA: epidemia che non c’è?

Wednesday, 21/10/1998


Intervista alla dottoressa Donatella Bandino, Pediatra di base

Il 13 gennaio – quando Tv e giornali non fanno altro che parlare di epidemia influenzale e di ospedali ko - l’ambulatorio della pediatra di mio figlio è vuoto.

D - Dottoressa Bandino, e dove sono i malati?

R – Non ci sono. Come vede, la sala d’aspetto è vuota.

D – Saranno a letto, con l’influenza?

R – E io non sarei qui, ma in giro a fare visite. Non c’è proprio – almeno finora – questa epidemia tanto strombazzata dalle Tv e dai giornali. Pensi che l’anno scorso, in questo periodo, non facevo altro che correre da un paziente all’altro.

D – Se l’epidemia non c’è, meglio così. Però, parliamone di questa influenza! Perché mamma e papà, quando il piccino ha la febbre e sta mogio mogio, non mangia, non urla e non rovescia ninnoli e giocattoli a terra, si preoccupano.

R – E’ vero. E le dirò di più: spesso, le visite a domicilio servono più a tranquillizzare un genitore particolarmente agitato che a intervenire sul piccolo. Ma anche questo fa parte del nostro mestiere. Perché, tornando all’influenza - se non ci sono complicazioni - le regole da seguire sono sempre le stesse: abbassare la febbre (se è molto alta) con un antipiretico, non forzare il bambino a mangiare, fargli bere molta acqua , non coprirlo troppo, e soprattutto lasciare che si riposi così il suo organismo può combattere da sé il virus.

D – E, invece, quando è il caso di cominciare a preoccuparsi?

R – Quando la febbre – dopo 4 o 5 giorni - non recede nonostante gli antipiretici. Oppure se il bambino è in uno stato di torpore. Se non c’è reazione agli stimoli.

D – Parliamo dei sintomi. Come si manifesta l’influenza di quest’anno?

R – Con febbre molto alta (39-40). Con inappetenza o mal di testa. Oppure con vomito e diarrea: in questo caso la temperatura può anche non aumentare e bisogna far attenzione che il bambino beva molto lentamente.

D – E se, oltre all’influenza, il bambino ha anche mal di gola, o tosse, o mal d’orecchio?

R – In questi casi sarà il pediatra, caso per caso, a prescrivere la terapia più appropriata.

D – Una volta che il bambino ha “sfebbrato”, quando può tornare a scuola?

R – In genere, dopo un paio di giorni che la febbre è andata via e ha ripreso a mangiare e a giocare. Se ci sono complicazioni, però, è meglio aspettare qualche giorno di più prima di fargli riprendere le normali attività scolastiche. Il pericolo, in questo caso, sono le ricadute: otiti, tonsilliti che – vorrei ricordarlo – non vanno mai curate con antibiotici FAI DA TE, cioè somministrati senza la prescrizione del medico.

D – Se l’influenza si manifesta con giramento di testa o dolori addominali, ma senza temperatura alta, cosa fare?

R – In questi casi, quando cioè l’influenza non costringe a restare a letto, è consigliabile dare al bambino qualche ricostituente, per aiutare il suo organismo a combattere il virus. Va bene la Pappa reale, per esempio, o qualche prodotto naturale. Sì anche alle passeggiate al parco, nelle ore più calde. Ricostituenti naturali e aria aperta sono un toccasana anche nella fase della convalescenza.

Terapia del sorriso e ospedali a misura di bambino

Wednesday, 21/10/1998

di Francesca Ricevuto

Per un bambino, il ricovero e la degenza in ospedale sono quasi semprecausa di forte stress.

Da qualche anno si parla sempre più spesso di Ospedali a misura di bambino, di strutture, cioè, in grado di rendere meno brusco il trauma del ricovero e più piacevole la permanenza attraverso attività ludiche e d’animazione.

Ma è proprio vero che la risata aiuta a guarire più in fretta? Si, come risulta da esperienze e studi condotti in America negli anni ‘80. 

Così, nel rispetto dei diritti del bambino, in ospedale si rendono necessari spazi adeguatamente attrezzati con giochi e pupazzi, stanze colorate al posto di fredde corsie, clowns o animatori. Infatti, pagliacci, artisti e burattinai – secondo la ricerca -risultano essere di grande aiuto nella cura delle malattie dei bambini in quanto attenuano lo stress e riducono il bisogno di farmaci.

In Italia, la clownterapia o “terapia del sorriso” è stata introdotta in via sperimentale verso la metà degli anni ‘90, e fino ad ora ha dato degli ottimi risultati. 

Giacomino è andato in giro per Roma a verificare cosa si fa concretamente negli “ospedali amici dei bambini”. 

Al policlinico “Umberto I” il reparto pediatrico è immerso nei colori giallo eblu. Disegni, acquerelli e cartoni riempiono le pareti di oncologia pediatrica. La stanza giochi serve anche da aula scolastica. E’ un po’ strettina, ma zeppa di puzzle, libri di favole e giochi. Parliamo con la maestra Silvia e con una psicologa, e ci confermano come – anche dalla loro esperienza - il gioco risulta essere sempre la miglior terapia per aiutare i bambini a guarire.

Gioco ma anche continuità con la scuola: c’è, infatti, una sezione della scuola media “Don Morosini”, perchè – sottolinea l’insegnante di educazione artistica – è molto importante per i bambini costretti a lunghe degenze non perdere il contatto con la realtà scolastica.

Saliamo al “day hospital”, nel reparto di chirurgia pediatrica. Anche qui un bel mucchietto di giochi. E il sabato e la domenica l’ “Umberto I”, il “Gemelli” e il “S.Camillo” si popolano di clowns, maghi e burattinai. Sono circa 80 i volontari del service “Un dolce sorriso”(Via A.Serra, 83 tel.06-3338103), istituito su iniziativa del Lions Club Roma Tiberis nel ‘95.

I prestigiatori, i musicisti (in genere suonano la chitarra) e gli animatori sono scouts dell’Agesci-Lazio, universitari e volontari del Sovrano Militare Ordine di Malta. “Portare un sorriso ai bimbi ricoverati - dice il responsabile del service, Paolo Spigarelli - è il nostro scopo. Io e mia moglie Paola siamo sempre presenti, e da ottobre a maggio il nostro calendario prevede 135 animazioni. Forniamo i giochi e gli strumenti necessari agli animatori e diamo regalini ai bimbi. Teatrini, scatole magiche, birilli e puzzle giganti fanno parte della nostra attrezzatura ludica. Davanti al teatrino, i piccoli pazienti interagiscono e vengono coinvolti perché la cosa più importante è evitare che i bambini ricoverati in ospedale sviluppino forme di passività”.

Nell’ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma oltre alle sezioni di scuole elementari, media e da poco anche superiore, c’è un negozietto dove si può acquistare un pò di tutto, dai giocattoli ai rocchetti di filo. Molti reparti sono decorati con disegni e colori vivaci. Al “Bambino Gesù” i clowns con il nasone rosso intrattengono i bimbi nei reparti e in ludoteca. Qui ci sono balocchi, sedioline gialle e tavolini verdi.Flavia, con le sue pantofoline, pedala imperterrita sul triciclo e arriva al laboratorio. Tra collages e composizioni di legumi, foglie, pasta e conchiglie, si accinge a completare un cappellino in cartone da indossare a carnevale. 

Nella ludoteca dell’ospedale giocano i bambini del day hospital, i ricoverati e i fratellini e le sorelline che vanno a trovarli. Dalle vetrate si può osservare “il castello dei giochi”, un vero castello con dame, principi e cavalieri. E’ uno spazio all’aperto (non ancora attrezzato, però) che di sera, illuminato, fa proprio un bell’effetto. La dottoressa Carlevaris, psicologa e psicoterapeuta, è la responsabile della ludoteca. Ci parla di arteterapia, di come i bambini - attraverso il disegno – manifestano le loro ansie e di come - su quei disegni - intervengono gli esperti: prima di un intervento chirurgico, per esempio, proiettando cartoni animati e filmati per preparare il bimbo all’evento. Attenuare il brusco impatto dei più piccoli con un ambiente a prima vista un po’ ostile, ridurre i loro disagi e i loro malesseri e farli sentire più vicini a casa, è un compito difficile. I professionisti delle risate sono lì ad intrattenerli sotto la supervisione dello staff medico. Recitando buffe scenette nel loro camice bianco o fingendo, col gioco del dottore, punture di cioccolata, gli animatori riescono a rasserenare i bambini ospedalizzati e a far vincere loro le paure nei momenti più delicati della degenza. 

Quali sono gli ospedali romani “a misura di bambino”:

Policlinico “Umberto I”, Viale del policlinico,155.

Clinica pediatrica tel.06-492181

Reparto pediatrico di ematologia, Via Benevento,6. Tel.06-857951

Reparto di oncologia pediatrica, tel.06-49218495

Reparto di neuropsichiatria infantile, Via dei Sabelli Tel. 06-4454275

Indirizzo Internet: www.tuopoliclinico.roma.it

E-mail policlinico@tuopoliclinico.roma.it

Policlinico “Gemelli” Largo Agostino gemelli,8 

Clinica pediatrica Tel. 06-30154390 / 06-30154290

Indirizzo Internet: www.ntweb.rm.unicatt.it

Ospedale pediatrico “Bambino Gesù”

Piazza S. Onofrio,4 

Ludoteca Tel. 06-68592760

Indirizzo Internet: www.obg-ircs.rm.it

Ospedale S.Eugenio

Piazzale dell’umanesimo

Reparto pediatrico Tel. 06-51002309

Ospedale S.Camillo-Forlanini

Circ.ne Gianicolense, 87

Tel. 06/58704443

Indirizzo Internet: www.sancamillo.org

Ospedale San Pietro

Via Cassia,600

Reparto pediatrico Tel. 06-33582880

 
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