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Mostre
Villa Torlonia
Wednesday, 21/10/1998
di Sabina de Vito Sulla via Nomentana c’è una villa recintata da alti muri bianchi dove i bambini del quartiere Trieste vanno a giocare. E’ l’antica dimora dei principi Torlonia. Fu costruita nella prima metà dell’Ottocento, quando la famiglia era tra le più importanti a Roma. All’inizio di questo secolo il proprietario, Giovanni Torlonia, un uomo molto colto, appassionato di botanica, decise di cambiare l’aspetto di quella villa ormai fuori moda e di andare ad abitare nella Casina Svizzera, che era stata costruita da Giuseppe Jappelli in un angolo nascosto del parco. Furono necessari ingenti lavori di ristrutturazione. Una delle prime opere realizzate fu una vetrata raffigurante delle “Civette di notte” (opera perduta), disegnata dal celebre artista Duilio Cambellotti, dalla quale la Casina Svizzera prese il nuovo nome di Casina delle civette. La parte architettonica fu affidata all’architetto Vincenzo Fasolo, che, fra il 1916 ed il 1919, costruì una casa in mattoni cotti con i tetti aguzzi, come quelli delle baite alpine, e facciate movimentate da balconi e torrette. All’interno furono realizzati una serie di piccoli ambienti comunicanti tra loro, disposti su due piani collegati da scale. L’aspetto più interessante di questa costruzione è la parte decorativa, particolarmente ricca ed elaborata sia dal punto dei vista dei materiali impiegati che da quello dei temi prescelti. Spiccano in modo particolare le vetrate in stile “liberty” disegnate da Cambellotti, Paolo Paschetto e altri artisti e realizzate da Cesare Picchiarini, detto mastro Picchio. Vi sono raffigurati numerosi animali, uccelli specialmente, come rondini, tordi, allodole, cigni, anatre, civette, naturalmente, ma anche piante, rose, canne, piante palustri e altre. Poco dopo la morte del principe, la Casina cadde in rovina, ma nel 1997 il Comune l’ha fatta restaurare e trasformare in museo. Se ci andate, provate a trovare il capitello del balcone delle rose con gli occhi di civetta stilizzati o il serpente in peperino alla base della torre neomedievale.
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LO ZOO DI PIETRA DEI MUSEI VATICANI
Wednesday, 21/10/1998
Occhio…ai “pasticci” del passatodi Giandomenico Spinola
Giungendo ai Musei Vaticani con i vostri figli e volendo unire al piacere dell’arte anche un viaggio nel mondo degli animali – cosa che sarà certamente apprezzata dai pargoli - è possibile soffermarsi, appunto, nella Sala degli Animali, all’interno del Museo Pio Clementino. Prima di avventurarci nel bioparco marmoreo, dobbiamo fare un passo indietro nel tempo e ricordare la grande passione dei Papi del Rinascimento per l’arte antica. Un amore che durò nei secoli riempiendo palazzi e giardini pontifici di capolavori greci e romani. Durante il Settecento - non a caso ai tempi dell’Illuminismo - Pio VI organizzò il primo museo vaticano, il Museo Pio Clementino. Pio VI trovò nella collezione vaticana numerose sculture di animali. Decise così di riservare loro un’intera sala. Un bestiario antico, a volte fantastico, mitologico, arricchito da pezzi moderni per integrare le creature mancanti. Si scolpirono animali esotici, sconosciuti, che potessero sorprendere il visitatore: furono infatti colti mentre cacciavano, mangiavano, dormivano, allattavano, lottavano tra loro. Modelli, i disegni dei viaggiatori che osservavano la natura misteriosa di Paesi lontani. Gli esecutori trasferirono nel marmo (e che marmi: bianchi, maculati, peperini!) quelle forme sconosciute.
Ciò premesso, muoviamo qualche passo nella Sala degli Animali osserviamo alcune opere con un occhio archeologico e uno naturalistico. Al numero 171 corrisponde un gruppo con un cane che assale un cervo montandogli in groppa, ma come può esser possibile? I cani non hanno artigli e il cervo se lo scrollerebbe di dosso in un baleno! A guardar bene, però, le zampe (con artigli) e la coda (con il ciuffo) non appartengono a un cane, ma ad un leone. Ecco spiegato il mistero: uno sprovveduto artista del ‘700 ha trovato la scultura mezza rotta e la ha integrata a modo suo, ricostruendo il cane al posto del leone. Poco oltre, al numero 117, si dice esserci un leopardo di età romana, ma questo ha il manto di alabastro e le macchie nere a ciambella in onice, con al suo interno il denso “marmo antico”. Ma è il giaguaro ad essere così! E il giaguaro vive nella foresta amazzonica che fu scoperta nel ‘500. Quindi la statua non può essere romana! Al numero 114 Francesco Antonio Franzoni - uno scultore del ‘700, specializzato in animali - fece porre la sua bella “ragusta”, ma questa ha le chele (pinze) ed è quindi un astice e non (come pensava lui) un’aragosta: povero Franzoni, era tanto abile come scultore, ma come naturalista lasciava proprio a desiderare! Che dire poi dei quel contadino (al numero 67) che cerca di mungere un toro? Naturalmente l’opera romana rappresentava una vacca.
Accanto agli animali che troviamo in natura vi sono quelli che appartengono alla mitologia e alle leggende. Al numero 68, c’è il torso mostruoso e feroce del Minotauro, metà uomo e metà toro; al numero 62 un centauro marino (metà uomo e metà pesce) che rapisce una ninfa; al 127, un altro centauro (torso d’uomo e gambe da cavallo) con un amorino in groppa. E così via, tra realtà e fantasia, si può percorrere tutta la sala. Alla fine non si capisce più che cosa appartiene alla natura e cosa sia frutto dell’immaginazione umana o dei nostri stessi sogni.
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Un elefante a spasso per la via Aurelia
Wednesday, 21/10/1998
di Sabina de Vito
Centinaia di migliaia di anni fa, sulla via Aurelia, non sfrecciavano le automobili ma, fra la lussureggiante vegetazione, passeggiava indisturbato l’antenato dell’elefante, il Paleodoxon antiquus, alto quattro metri. Come e perché morì uno di quei colossi non lo sappiamo, ma la sua zanna, lunga tre metri, è stata ritrovata nel 1962. Poco dopo, circa 340.000 anni fa, nei dintorni di Roma si aggiravano elefanti, ippopotami, leoni di caverna, buoi primitivi e i cervi che gli uomini macellavano con pietre scheggiate a forma di mandorla (le amigdale). Non ci credete? Andate a dare un’occhiata al Museo Pigorini (fu Luigi Pigorini, nel 1876, ad inventarlo) all’Eur e verificatelo. Ospitato dal 1962 nell’edificio della Scienza, progettato per Mussolini in vista dell’Esposizione Universale di Roma del 1942 (E.U.R.), contiene oggetti preistorici, protostorici ed etnografici di culture indigene extraeuropee, insomma testimonianze degli uomini primitivi che ancora non conoscevano la scrittura. Il museo è grande ma le collezioni sono divise in sezioni ed è quindi facile orientarsi. Tutte le vetrine, inoltre, sono corredate di didascalie e di pannelli esplicativi, utilissimi alle numerose madri con bambini in visita al museo, soprattutto la domenica. All’ingresso, dove si spiegano metodi e finalità dello studio dei resti umani e animali, c’è il tipico cranio dalla fronte sfuggente dei primi uomini. Al primo piano, dominato dalla bella vetrata con lo Zodiaco di Giulio Rosso, si impone una scelta: si può seguire l’itinerario dedicato all’antico territorio laziale (Esposizione Paletnologica), dalla preistoria all’età del ferro quando nacquero le prime popolazioni italiche, a iniziare dagli Etruschi; oppure quello delle raccolte etnografiche che comprendono l’Oceania, l’Africa (con una collezione di 250 armi, noiosissima per le bambine, entusiasmante per i bambini), il Perù e l’Asia. Infine c’è da vedere la mostra (aperta fino a febbraio) dedicata ai Dauni, popolazione della Puglia di 3.700 anni fa. Se ci andate, non mancate di guardare per terra: sul pavimento di commesso di marmi raffigurante le Scienze, troverete infatti numerosi animali compresi un paio di dinosauri. Le collezioni etnografiche vengono dal nucleo formato, nel Seicento, dal padre gesuita Athanasius Kircher nel Collegio Romano, dove ebbe sede il Pigorini prima del suo trasferimento. Furono arricchite, fra gli altri, da Enrico Hillyer Giglioli, zoologo, che a bordo del Magenta nel 1865-1868 circumnavigò il globo, raccogliendo 17.000 oggetti. Nella sezione asiatica non perdetevi il tamburo tibetano formato da due crani sovrapposti ricoperti di pelle umana! In quella dell’Oceania, l’armatura delle isole Gilbert con l’elmo ricavato dallo scheletro di un pesce palla e la spada dal muso di un pesce sega.
Il Museo Nazionale Preistorico Etnografico Luigi Pigorini è al Piazzale G. Marconi, 4 - telefono 068412312 - metro B Eur Fermi. Rari: Lunedì-Sabato 9-14; Domenica e festivi 9-13; biglietto: lire 8.000. gratuito per i minori di 18 anni e gli ultrasessantenni. Visite guidate gratuite ogni Domenica alle ore 10. Consigliamo la visita prevista dall’Associazione Mage Domenica 30 gennaio alle ore 10.30 (per i dettagli vedere l’articolo sulle visite guidate di gennaio 2000).
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Museo delle cere
Wednesday, 21/10/1998
Per i più piccini potrebbe essere un’emozione trovarsi faccia a faccia con Biancaneve e i sette i nani, o con la bella addormentata nel bosco, pari pari a come li ha immaginati Walt Disney, in carne ed ossa o press’a poco. L’illusione, per lo meno, è perfetta. Anche i personaggi dei cartoni, difatti, fanno parte dell’ampia galleria di personaggi del Museo delle cere, ritratti a grandezza naturale e con un realismo a tratti inquietante. Ai piccoletti è dedicato anche il settore degli animali preistorici. Va detto però che il museo non offre altro che possa interessare bambini in età prescolare. Per loro anzi, a ben guardare, questa sorta di zombie dallo sguardo vitreo potrebbero risultare vagamente terrificanti.
Una visita al Museo delle cere, dunque, sarà senz’altro più indicata per bambini dai 6-7 anni in su, che incontreranno qui personaggi dalle fattezze, anche per loro, più o meno familiari, come Giuseppe Garibaldi, Napoleone, Dante Alighieri, la Gioconda, Padre Pio, Papa Giovanni, Giulio Cesare (popolare anche tra i più piccini grazie ai cartoni di Asterix), Cristoforo Colombo o Hitler. Per i più tosti, sono in mostra anche alcuni strumenti di esecuzione: sedia a gas, sedia elettrica, garrota.
Il Museo - al numero 67 di piazza SS.Apostoli, ad un passo di piazza Venezia, tel. 06-6796482 - è aperto tutti i giorni, week-end e festivi compresi, dalle 9 alle 20, con orario continuato. Il biglietto costa 8 mila lire, per grandi e piccini.
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I daini di Palazzo Chigi
Wednesday, 21/10/1998
Una gita ad Ariccia, tra arte e prelibatezze
di Sabina de Vito
Se zitti, zitti, vi avvicinate a una radura del parco di Palazzo Chigi ad Ariccia, nascosti dal groviglio di rami e di cespugli dell’antico bosco consacrato a Diana (nemus aricium), potrete vedere uno spettacolo unico: daini che pascolano tra le rovine romane. La cittadina dei Castelli, che due secoli fa era - pensate un po’ - a un’intera giornata di carrozza sulla strada da Roma a Napoli (una posta, come si diceva allora), oggi è vicinissima alla Capitale. Vi si giunge attraverso un ponte sospeso su una gola vertiginosa tappezzata di alberi e cespugli. Subito si incontra la Piazza di Corte risistemata dal Bernini, con la chiesa a pianta rotonda dell’Assunta, progettata nel 1662, e di fronte la poderosa facciata del palazzo chigiano, uno dei rari esempi di dimora barocca rimasto pressoché intatto. Fu iniziato, nella seconda metà del Cinquecento, dal Savelli, ma furono Bernini e il suo giovane allievo, Carlo Fontana, a conferirgli l’aspetto che ha oggi: una dimora a due piani, comoda e accogliente, elegante e alla moda, ma niente affatto sfarzosa. La villa doveva essere proprio così perché d’estate i Chigi vi ospitavano gli alti prelati pontifici, visto che allora come oggi il Papa e il suo seguito andavano in vacanza a Castelgandolfo. E ora passiamo all’interno. Fermatevi ad ammirare la sanguigna (cioè un disegno eseguito con una matita speciale, color ruggine) di Bernini, con la sacra famiglia, che fu dipinta per commemorare la nascita tanto attesa di un erede maschio, importante, per i Chigi, come un piccolo Gesù bambino, appunto. I piccoli non si perdano la sala del “Trucco”, dove troneggia al centro il tavolo da gioco, una specie di biliardo, eseguito dall’ebanista Antonio Chicari, e la Farmacia con i suoi vasi seicenteschi, tutti intatti come fossero nuovi, e la serie di 150 miniature che rappresentano nobiluomini e nobildonne di casa Chigi. Insomma un’idea giusta giusta per la bella stagione. E poi, non dimenticate di farvi una scorpacciata di porchetta ad Ariccia, di pane casareccio a Genzano e, a Nemi (lì vicino) una bella mangiata di fragole e fragoline…
Ariccia, Palazzo Chigi, piazza di Corte 14. Orari: 10-19, chiuso il lunedì. Biglietto: lire 12 mila, ridotto 8 mila. Fino al 12 marzo, poi, potrete visitare due mostre: una dedicata al “Baciccio”, pittore ligure, l’altra alla pittura barocca romana.
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Con Leo al museo
Wednesday, 21/10/1998
di Sabina de Vito
Camminando per Corso Vittorio, lì dove la via si allarga nella piazzetta che porta a Campo de’ Fiori c’è un palazzetto rinascimentale, con il suo bel bugnato rustico e le sue belle decorazioni coi gigli di Francia. Costruito da Antonio da Sangallo nel 1523, fu la dimora di un prelato francese e, poi, di una nobile famiglia marchigiana, i Silvestri. Dall’inizio del Novecento, il palazzetto ospita una piccola, ma preziosa collezione di sculture antiche raccolta da Giovanni Barracco. Se volete fare un quarto di giro del mondo, restando a qualche chilometro da casa vostra, il Museo Barracco fa per voi. Si comincia con gli assiri e con gli egiziani, che scolpivano la figura umana di profilo, dritta e impalata che nemmeno uno stoccafisso. Che differenza tra queste sculture e quelle greche dove i corpi si liberano finalmente dalla pietra che li imprigionava! Le espressioni del volto, però, restano distanti: solo con l’ellenismo i visi si fanno ridenti o incupiti, lisci o rugosi. Sono sicura che vi accorgerete subito di queste differenze.
Se però volete saperne di più allora lasciatevi guidare da Leo, una audioguida che vi farà sentire come dei marziani in visita sulla terra, ma dei marziani istruiti che sapranno rispondere a tono alle domande (alcune sono davvero insidiose…) di un depliant con disegnini a risposte multiple con cui Leo verificherà se avete capito tutto. Si chiama, infatti, “Con Leo al museo” l’iniziativa gratuita e poliglotta (inglese, francese, tedesco, spagnolo) che dovrebbe ingolosire i più piccini e farli diventare dei frequentatori entusiasti di pinacoteche e gallerie.
Leo non è solo al Museo Barracco, dove la gita è consigliata ai bambini di 6/7 anni. E’ anche ai Musei Capitolini (è per bambini più gradicelli, di 8/9 anni) dove andrà a caccia (naturalmente insieme ai vostri bambini) dei molti animali che vi si trovano raffigurati: dalla lupa del Campidoglio al leone di San Girolamo. Al Museo della Civiltà Romana, poi, Leo racconterà ai vostri figli (possibilmente più grandicelli, sui 10/12 anni) la vita quotidiana dei romani, cioè che cosa mangiavano, come studiavano, coem giocavano i piccoli Caius e Tiberius di quei tempi remoti.
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GUSTI DA ADULTI, CURIOSITA’ DA BAMBINI
Wednesday, 21/10/1998
Di Sabina de VitoViva i piedoni sporchi con le unghione non tagliate; viva le contadinotte procaci vestite da Madonne e i santi ignoranti; viva le camere semibuie trafitte da un raggio di sole. Abbasso volti serafici, santi e angeli ben educati coi capelli biondi tagliati alla “paggetto”, figure impalate o dipinte dove fanno fatica a stare in piedi, luci uniformi, storie che non stanno né in cielo né in terra! Insomma, Caravaggio batte Raffaello e Michelangelo 10 a 0: e’ uno degli elementi emersi dal sondaggio di “Giacomino” sulle preferenze dei bambini in fatto di arte e archeologia, realizzato con Anna Rughetti dei Gatti del Foro e Titti Lepore di Mage, che presiedono due tra le maggiori associazioni culturali romane specializzate in visite per bambini.
Secondo Anna Rughetti i gusti dei bambini sono spesso pilotati dai genitori a loro volta influenzati dalle mode culturali: l’egittomania da Indiana Jones e dai libri di Christian Jacques, la preistoria da Jurassic Park. Per la Lepore è l’età a guidare le scelte:i bambini dai 3 ai 5 anni, per esempio, amano particolarmente l’arte contemporanea anche non figurativa basta che sia molto, molto colorata.Ambedue concordano nel fatto che le visite ai monumenti e ai luoghi archeologici romani siano sollecitate dagli studi scolastici. Qui, secondo la Lepore, il primato spetta al Colosseo e al Foro Romano, seguiti da Ostia Antica, Villa Adriana, Fori Imperialim Mercati Traianei e, all’ultimo posto, la via Appia Antica. Viene spontaneo allora domandarsi in che modo i bambini si distinguano dagli adulti. La Rughetti e la Lepore non hanno dubbi: in generale nella partecipazione entusiasta e generosa alla visita e in particolare, nella curiosità verso le cose più misteriose e verso gli aspetti più materiali dell’arte. Stemmi, simboli, oggetti di cui non è ben chiara la destinazione suscitano valanghe di domande, come ci disse anche un guida dell’Isola che c’è. Ma le spiegazioni più “gettonate” riguardano i materiali e le tecniche artistiche: composizione e preparazione dei colori, murature, mosaici, vetrate, che non di rado si desiderano mettere in pratica coinvolgendo le mamme; e insieme le procedure e i tempi di realizzazione, pagamenti, “giornate” di lavoro per gli affreschi: Anna Rughetti ci dice anche la vita quotidiana del passato è fonte di interrogazioni a tappeto e di trasalimenti. E’ forse con un po’ di invidia per i loro piccoli avi antichi romani che i bambini imparano così che le zucchine allora proprio non c’eranoe neppure le patate e i pomodori, quindi non bisognava mangiarli. Mentre ci deve senz’altro far riflettere il fatto che i bambini di oggi conosceranno pure, e giustamente, tutta la storia di Enea, di Romolo e Remo e via dicendo, ma non sanno con cosa diavolo sia fatta la farina; conosceranno pure, e giustamente, panda e orsi bianchi, ma non hanno mai che dico visto, ma neppure ascoltato, dal vero, che dico il nitrito del cavallo, ma neppure il serio e meticoloso razzolare di una gallina nell’aia.
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MUSEI BY NIGHT
Wednesday, 21/10/1998
MUSEI BY NIGHT
Dal 15 giugno al 15 settembre 2001
aperti 61 siti archeologici in tutta Italia fino alle ore 23.00.
A Roma sono aperti:
Castel Sant’Angelo
Lungotevere Castello, 50
tel. 06.6875036
9.00/23.00
Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese
tel. 06.8413979
9.00/23.00
Vittoriano
Piazza Venezia
tel. 06.6991718
ingresso: gratuito 9.00/23.00
Palazzo Altemps
Piazza S. Apollinare, 44
tel. 06.6833759
9.00/23.00
Domus Aurea
Via della Domus Aurea
tel. 06.39749907
9.00/23.00
Palazzo Massimo, Terme di Diocleziano
Via De Nicola, 78
tel. 06/4880530
9.00/23.00
Tomba di Cecilia Metella
Via Appia Antica, 161
tel. 06/7802465
9.00/23.00
SPERLONGA (Latina) Museo Archeologico
Via Flacca
9.00/23.00
TARQUINIA (Viterbo) Museo Archeologico Nazionale
Piazza Cavour
tel. 0766.856036
9.00/23.00
TIVOLI (Roma) Villa Adriana
Via di Villa Adriana, 21
tel. 0774.53023
L’apertura fino alle 23 è resa possibile dall’impiego di 390 custodi e 212 assistenti precari oltre al personale di ruolo.
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