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Parchi
La Cacciarella: miracolata in attesa di verdetto
Wednesday, 21/10/1998
Una meridiana lo ha salvato e i giovani del quartiere gli hanno ridato vita. Stiamo parlando del casale del parco della Cacciarella: più di un ettaro di verde nel quartiere Tiburtino, con spazi attrezzati per i bambini (scivoli, altalene), e per i nonni che si danno appuntamento ai tavolini del bar per la briscola quotidiana e si divertono a raccontare favole ai piccini. Oggi, la Cacciarella può ben vantare i suoi spazi e i servizi come il bar (aperto dalle 7,30 del mattino) ed una pizzeria dove si apparecchia a pranzo e a cena. Le cose, però, non sono state sempre così “tutte rose e fiori”.
Negli anni ’60, a seguito di una soffocante urbanizzazione che ha coinvolto l’intera zona della Tiburtina , la tenuta con le sue ville (alcune delle quali sopravvissute, come Villa Fassini) era stata occupata dai “senza tetto”. Successivamente, il parco ha subito una fase di abbandono ed è diventata porto di tossicodipendenti e barboni. Uno dei casali fu abbattuto mentre quello della Cacciarella (che nel 1800, quando fu costruito, era una stazione di posta per cavalli frequentata dai cacciatori della nobiltà romana, re compreso) è miracolosamente sopravvissuto grazie alla meridiana (l’orologio medievale) posta al centro del torrino, per la quale è stato posto un vincolo dalla Sovraintendenza alle Belle Arti. Trascurato per anni e anni, il parco diventò un bocconcino prelibato per una grande società immobiliare che voleva farne un parcheggio e trasformare il casale in una stazione di servizio. Fu allora (era il 1994) che un gruppo di giovani del quartiere – con il sostegno forte e convinto dei cittadini tutti – occupò il casale della Cacciarella dando inizio al suo recupero e alla sua ristrutturazione. Con quali fondi? Mettendo su una cooperativa con attività di ristoro, e ricevendo il sostegno economico di cittadini e associazioni.
Oggi, la Cacciarella è un luogo d’incontro, di giochi, di svago, d’intrattenimento e di cultura per centinaia di persone di ogni età. Ma il Comune deve ancora dire la sua sulle sorti del casale.
La Cacciarella è in via Casal Bertone, 11
Autobus: 309 (da piazza Bologna) – 448 (dal Verano) – 449 (da Rebibbia o Monti Tiburtini)
Metro B fermata stazione Tiburtina o piazza Bologna e poi autobus 309
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Villa Aldobrandini: un nido d’aquila su via Nazionale
Wednesday, 21/10/1998
Come un nido d’aquila posato sul monte di Magnanapoli, il piccolo e prezioso parco della Villa Aldobrandini domina l’ingrata Via Nazionale, un fiume di macchine, autobus e puzzo di smog, e guarda in faccia il Gianicolo, tra statue e cupoloni. “Noi monticiani ce semo cresciuti ar parco Aldobrandini e a Montecavallo”, scherza il signor Mancini, faccia da romano, un nipotino (Alessandro) di un anno e poco più. Infatti il parco Aldobrandini era, fino a poco tempo fa (a parte gli anni della chiusura, dal 1986 al 1992) un paradiso per le mamme di Via Panisperna, del Boschetto, della Suburra. Un piccolo paradiso verde, ritagliato tra palazzi e asfalto, con palmizi e (andandoci alla mattina presto, con la bella stagione) con un gran via vai di merli, passeretti e altri uccelli chiacchieroni. Oggi il parco boccheggia nel degrado. “Ci vanno a tagliarsi i capelli, a farsi i fatti loro”, protesta Enrica, attrice, mamma di Francesco e di Paolo, un pugno di anni in due. E pensare che potrebbe essere bello, bellissimo. Chi scrive vi si recava al mattino presto, con il bebè addormentato e baciato da un solicello invernale che lo colorava appena appena. Verso le undici arrivavano i cani, con i padroni al guinzaglio. Più tardi, qualche turista con la guida in mano e l’aria spaesata, poi gente di fuori, ucraini, albanesi, curdi: tutti lì a mangiare, a chiacchierare e a far coiffeure. Già allora di bambini pochissimi. Tutti trasferiti al giardino del Quirinale, a Montecavallo: ma non è la stessa cosa! Anche se c’erano due belle rampe di scale da salire con passeggino e ragazzino (ma si può prendere la scorciatoia, cioè girare a sinistra appena imboccata l’entrata su via Mazarino), la fatica era premiata dalla gioia di essere lassù, tra le nuvole. E Villa Aldobrandini sembrava darti il benvenuto e farti la riverenza, con i suoi padiglioni ottocenteschi, la terrazzata sulla Città eterna, le alte palme, la fontana (sebbene asciutta, ma c’è la fontanella per bere!) le statue e quelle comode panchine d’altri tempi, alte e solide, che da un pezzo vengono spostate qui e là da certi incivilissimi visitatori. Peccato. Le mamme monticiane (ma tutte le mamme, naturalmente, sono le benvenute) vorrebbero tornare a Villa Aldrobrandini con i loro bambini.
Per arrivare al Parco di Villa Aldobrandini, l’entrata (dalle 7 di mattina al tramonto) dà su via Mazarino che è una traversa di Via Nazionale all’altezza del Teatro Eliseo. Gli autobus? Sono perfetti il 57, il 64, il 65, il 70, il 75, l’81 e il 170
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Da bambino farò un parco, da grande un mondo migliore
Wednesday, 21/10/1998
Nasce “Il giardino dei mostri”: il nuovo parco del quartiere Spinaceto
E’ il primo dei tre parchi previsti a Roma e progettati direttamente dai bambini nell’ambito del concorso della Coop “Da bambino farò un parco, da grande un mondo migliore”, che sarà inaugurato il 28 febbraio
Loro sono i bambini della scuola elementare di via Frignani (143esimo Circolo), una scuola della periferia romana nel quartiere Spinaceto. Una parte dell’area verde - proprio a ridosso della scuola – è diventato un parco-giochi ideato e progettato dagli stessi bambini nell’ambito del concorso lanciato dalla Coop due anni fa e di cui adesso si vedono i risultati concreti.
Un concorso che ha voluto stimolare l’attenzione all’ambiente da parte delle nuove generazioni cominciando proprio dalle esigenze dei ragazzi, senza catapultare un parco dall’alto, ma creandolo, per così dire, a misura di bambino seguendo i criteri-guida della progettazione-partecipata.
“Il giardino dei mostri” è il primo dei tre parchi realizzati dalla Coop Toscana Lazio a Roma: il secondo, nel quartiere Prenestino, aprirà i battenti il 18 marzo e il terzo, al Laurentino, a fine maggio. Altri due parchi, nel Lazio, sono già in funzione a Viterbo e a Colleferro.
Il parco è stato creato con le caratteristiche di un labirinto con siepi-muro, pergolati e piante mediterranee e aromatiche come il melograno, la lavanda, il rosmarino, il mirto. Gli stessi materiali usati - come il tufo - rimandano all’idea della caverna. E non a caso il giardino-labirinto si chiama, per volere dei bambini baby-progettisti, “Il giardino dei mostri”.
“Lo spazio verde di via Frignani vuol essere un giardino educativo”spiega l’architetto Petra Bernitsa che ha curato a fianco dei bambini e dei loro insegnanti la realizzazione del parco. “I bambini non hanno fatto altro che far correre la loro fantasia immaginando figure mostruose e deformi come l’animale preistorico, il Kentrosaurus, che introduce al gioco e che rappresenta l’elemento di connessione delle varie parti del giardino. Il labirinto, poi, facilita il gioco della scoperta”.
E così, dal 28 febbraio, un’area di periferia abbandonata a se stessa assumerà una nuova funzione. Subito dopo inizierà la terza fase del concorso, quella dell’adozione, quando spetterà agli stessi bambini provvedere alla cura dell’area.
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Piazza Vittorio: giostre e mercato
Wednesday, 21/10/1998
di Ester Ponti
Qualche giorno fa, con il mio bambino, sono andata a fare la spesa a Piazza Vittorio. Ho trovato le clementine a 650 lire al chilo e banchi dove non si parlava italiano, ma una sorta di strana parlata cittadina che mi ricordava tanto Blade runner. E poi c’erano facce nere e gialle, marocchini, zingare, ucraini ed era tutto un toccar merci, chieder prezzi, tutto un vociare da mercato, un via vai da suk che incantava il piccolino e a me (lo confesso) faceva venire mal di testa e una gran voglia di tornarmene a casa. Poi ci siamo infilati nel giardino (appena risistemato), incorniciato da banchi e bancarelle ed è stato come girar la pagina di un giornale. Nel giardino di Piazza Vittorio - camminando giù giù verso via Principe Eugenio - abbiamo trovato, con mia sorpresa, giostre, altalene, scivoli, insomma un piccolo parco giochi attrezzato e per di più tutto fatto di legno, gradevole alla vista e naturalmente solido. C’era anche un cavalluccio di legno per inventarsi cow boys e fare il rodeo, roba che Luca, il mio bambino, non voleva più scendere e sarebbe ancora lì se non fosse arrivato il piccolo imbacuccato Marco, aspirante uomo del far west. Per noi mamme, ci sono panchine per leggiucchiare qualcosina, mentre i pupi scorazzano, calciando le foglie gialle che solerti “operatori ecologici” caricavano su un camioncino celeste, rendendo forse troppo nuda la terra battuta. Peccato che i bambini si contassero sulla punta delle dita e quei pochi (due a dirla tutta) che giocavano erano accompagnati da più parenti: piazza Vittorio, si sa, non ha una buona nomea e l’Esquilino, come si lamenta chi vi abita, è abbandonato a se stesso. Mio marito ci scherza su: “Se incontri un bianco, puoi dirgli Mister Livingstone, I suppose”. Luca, però, vuole tornarci nel giardino tutto piemontese, cuore dell’unica piazza con i portici (francamente superflui per il clima romano) della Capitale.
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Sul Colle Oppio, tra cavalli e caffè
Wednesday, 21/10/1998
di Benedetta de Vito
Passano i carabinieri gemelli a cavallo su per il Monte Oppio. Passano, mandando in visibilio i più piccini che “cavao, cavao”, gridano, puntando un piccolo indice teso verso le eleganti e algide bestie bianche e pezzate. Poi, improvvisamente, punfete, giù una scarica di quella roba lì, tonda tonda da parere torba, che imbratta tutta la strada dei bimbi, ovvero quella striscia d’asfalto - che comincia, a dorso d’asino, all’entrata principale del parco - dove tantissimi bambini (accompagnati da tate, mamme e nonne) vanno a giocare, evitando così gli spazi erbosi oramai conquistati da nullafacenti (sporchini) di vario genere e nazionalità. Cose di questo tipo possono accadere - ed è successo davanti agli occhi di chi scrive - al Colle Oppio. Anche i carabinieri a cavallo,chissà, dovrebbero armarsi di paletta e sacchettino (come fanno rari e civilissimi proprietari di cani) e scendere su questa terra dall’empireo delle loro selle… Tant’è. Il Colle Oppio offre molto e chi abita tra il centro e l’Esquilino. C’è un chiosco ombroso (la signora che lo gestisce sembra uscita da una fiaba) per sedersi e bere un caffè o a mangiarsi un ghiacciolo, c’è un pergolato (senz’uva, sia chiaro) frequentato da molti piccioni, ansiosi di essere nutriti, c’è persino da visitare la Domus Aurea (cioè il palazzo imperiale di Nerone) se ve ne viene il ghiribizzo (ma bisogna prenotare allo 064815576 oppure 0639749907), c’è un fontanone senz’acqua che piace non poco ai piccoli esploratori, c’è una vista sul Colosseo che toglie il fiato, ci sono panchine al sole e ci sono panchine all’ombra. Epoi, fino a poco tempo fa c’erano i ponies che adesso si sono spostati al parco di Villa Celimontana.
Per raggiungere il Parco del Colle Oppio, potete prendere i tram 8 e 30, oppure la Metro B (fermata Colosseo), oppure il minibus 117 che ferma sulla Via Labicana dove una scalinata porta al parco.
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Monteverde Nuovo: i cani padroni dei giardini
Wednesday, 21/10/1998
di Valeria Ferri
Monteverde Nuovo fino a qualche anno fa era un quartiere silenzioso, d’estate sidormiva con le finestre aperte senza essere disturbati dai rumori del traffico e si passeggiava per i larghi marciapiedi di Viale dei Colli Portuensi senza che i bimbi risentissero del fumo dei tubi di scappamento.
Da quando sono stati completati i lavori di congiunzione di Via Newton a Via Portuense, Viale dei Colli Portuensi è diventata una via di grande scorrimento, la pace è finita e più che mai si sente la necessità di approfittare di tutti gli spazi verdi che offre il quartiere. Ma, ahimé, chi non ha la possibilità di raggiungere Villa Pamphili e deve ricorrere ai giardinetti si trova a dover fare i conti con i “depositi biologici” dei numerosi cani degli abitanti del quartiere.
Villa Flora, a parte lo stato di abbandono in cui si trova tanto il giardino quanto la graziosa costruzione che lo domina è impraticabile per i bambini più piccoli che non guardano dove mettono i piedi e resta il luogo ideale solo per mamme con carrozzine, anziani e ragazzini più grandicelli che giocano a pallone. Ed è un peccato, se si considera che c’è anche uno spazio attrezzato per i giochi, sebbene polveroso e pieno di buche.
Anche il giardino di Largo Ravizzapur con la maggior parte della superficie pavimentata, è il regno dei cani. Non c’è un’altalena per i bimbi, ma un angolo con le giostre a cinquecento lire a giro e pure un po’ bruttino.Al centro c’è una fontana la cui vasca, con il bordo molto basso e senza protezione, rappresenta un pericolo per i più piccoli, ma quando un cane di passaggio va a farci il bagno è un vero spettacolo per tutti.
Poi ci sono i giardinetti di Piazza Forlanini, ultimamente dotati di altalene e scivolo, tutt’ora in ordine, che spesso hanno l’erba alta per mesi. Inoltre della staccionata che lo delimita sono rimasti solo alcuni tratti e non c’è neanche una fontanella.
Insomma tutto questo fa sì che il luogo di ritrovo più affollato sia il Parco Morelli, che di parco non ha niente poiché si tratta di un piccolo lunapark, dove ogni giorno ci lasci dalle cinque alle diecimila lire e il bambino passa il pomeriggio frastornato dalla musica a tutto volume, dalle immagini virtuali dei video giochi e dai movimenti vorticosi delle giostre.
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IL PARCO LETTERARIO DEL TESTACCIO
Wednesday, 21/10/1998
di Luigi De PascalisCOSA E’ UN PARCO LETTERARIO ?
Un Parco Letterario è un percorso culturale attraverso i luoghi celebrati dalla letteratura italiana di tutti i tempi. E’ dunque una occasione per riscoprire angoli meno conosciuti d’Italia attraverso le parole di quegli autori che da essi trassero ispirazione. E’ anche un modo muovo ed efficace per fare accostare anche fisicamente i giovani ad alcune fra le pagine più suggestive della nostra letteratura. La creazione dei Parchi Letterari è la meritoria iniziativa della Fondazione Ippolito Nievo di cui è presidente Stanislao Nievo, romanziere, socio fondatore del WWF e viaggiatore instancabile. Fra il 1990 e il 1998 Nievo ha dedicato ai Parchi Letterari tre bei volumi, i primi due editi da Abete, il terzo da Marsilio.
Il Parco Letterario di Testaccio, primo Parco urbano in Italia, comprende Monte dei Cocci e la zona circostante ed è stato scelto perché unisce alla vocazione letteraria la tradizione che lo vuole luogo privilegiato d’incontro. Sul monte dei Cocci - così detto perché fatto con frammenti di milioni di anfore - si festeggiavano il carnevale e le ottobrate, si facevano scampagnate e processioni. Una antica leggenda vuole che i vasi di terracotta fossero i contenitori dei tributi provenienti dalle province dell’impero. E’ dimostrato invece che si tratta di avanzi di anfore olearie provenienti dalla Spagna e dall’Africa. Vuoti a perdere, dunque, su cui periodicamente veniva fatta colare della calce viva per assorbire l’olio ed evitarne la decomposizione.
Le anfore arrivavano ad Ostia su grandi navi olearie e lì trasferite su imbarcazioni fluviali trainate da buoi e venivano scaricate al porto Tiberino dell’Emporium. Il volume delle merci e il monte dei Cocci crebbero fino alla metà del III sec. , quando il porto Tiberino cadde in disuso e la piana assunsee un aspetto desolato.
Nei secoli seguenti Testaccio divenne luogo di sepoltura, si arricchì di grotte per la conservazione del vino, si fece teatro di Via Crucis, processioni, Palii e feste carnascialesche. Fu perfino poligono di tiro per i bombardieri di castel S. Angelo. Divenne quartiere abitato solo alla fine dell’Ottocento.
Ora monte Testaccio è una piccola oasi recintata in mezzo al traffico. Vi crescono l’olmo campestre, l’alloro, il fico, la ginestra, il verbasco, la malva, la parietaria e il verbasco. Ma anche il loglio, la linaria, l’orzo selvatico, l’aglio rosa, l’erba mazzolina e il finocchio selvatico. Non è raro sentire cantare tra la vegetazione l’usignolo o vedere volare alto e maestoso il gheppio. Sul fiume vivono invece cormorani e gabbiani, passano le gallinelle d’acqua e il Martin pescatore. Da esso spira una brezza lieve che una volta tanto allontana l’odore acuto del traffico urbano. Cosa c’è di meglio per invogliare una salita al monte, calpestando gli antichi cocci che suonano sotto i tacchi?
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Di Testaccio parlano Giovanni Rucellai ( Zibaldone quaresimale), Cervantes (Novelas Ejemplares), Goethe ( Viaggio in Italia), Belli ( I sonetti: La bballerina de Tordinone, Una lingua nova), Domenico Orano ( Il Testaccio: il monte e il quatiere dalle origini al 1910), Fogazzaro ( Il santo), Pasolini ( Le ceneri di Gramsci).
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La Fattoria dei bambini al Bioparco
Wednesday, 21/10/1998
Grande successo per la Fattoria dei bambini del Bioparco, il più grande e completo spazio - all’interno di un Giardino zoologico italiano - dedicato agli animali domestici e al loro rapporto con i bambini.
I piccoli visitatori fanno subito amicizia con caprette e maialini, galline e pecorelle, conigli e mucche.
L’impianto didattico della struttura - molto gradevole e articolata - è costituito da una serie di pannelli che illustrano quali sono gli animali domestici, spiegano le tappe della loro evoluzione in parallelo con quella dell’uomo e quali sono i prodotti che si possono ricavare (latte, uova, lana).
Particolare attenzione è stata posta ad un argomento poco conosciuto: quali sono gli animali domestici a rischio di estinzione e perché.
Il presidente della Bioparco Spa, Giovanni Arnone afferma: “E’ una magia: la campagna, i suoi odori, i suoi suoni, i suoi colori e specialmente i suoi animali sono arrivati a via Veneto. È una magia: pecore, conigli, asini, galline, capre sono arrivati nel centro della metropoli per renderla più bella, più dolce, più amica dei bambini. La natura, la cultura e la tenerezza hanno segnato un punto a loro favore”
“La Fattoria costituisce un nuovo tassello nel processo di trasformazione in atto al Bioparco, spiega l’amministratore delegato della Bioparco Spa, Giovanni Battista Costa. Nei prossimi mesi inaugureremo nuove aree che rientrano nel piano globale il cui principale obiettivo è garantire il massimo benessere psico-fisico degli animali nostri ospiti”.
Fulco Pratesi, presidente del WWF Italia, pone l’accento sul fatto che “la maggior parte dei bambini italiani non ha mai visto da vicino una capra, una gallina, una mucca. Ed è lodevole che il Bioparco cerchi di favorire la conoscenza, oltre che degli animali selvatici – per i quali dovrà fare di tutto per assicurare un sempre maggiore benessere in condizioni non naturali – e di quelli che da sempre vivono in contatto con l’uomo e che fanno parte da sempre della nostra cultura”.
All’inaugurazione della nuova Fattoria dei Bambini è collegata una manifestazione su più giorni: “Che avventura l’agricoltura” (19 aprile - 2 maggio) dedicata alla riscoperta dell’agricoltura, dei suoi prodotti tipici e dei suoi mestieri, così profondamente legati agli animali domestici ed al loro ciclo di vita.
La manifestazione si svolge in collaborazione con l’Azienda romana Mercati e l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Roma.
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La Valle degli orsi al Bioparco di Roma
Wednesday, 21/10/1998
Dal 16 settembre vita nuova al Bioparco per i 5 orsi bruni. Niente più gabbie, bensì 3.500 mq di superficie (10 volte lo spazio attuale) per ospitare la colonia di mammiferi che potrà godere di una delle più belle e grandiose aree del mondo realizzate per gli orsi. Così, i bambini potranno vedere gli orsi nel loro ambiente naturale, in città, come nel Parco Nazionale d’Abruzzo .
Lo spazio è stato concepito cercando di naturalizzare l’area il più possibile, unendo le esigenze di benessere degli animali alla necessità di fornire al visitatore uno strumento di approccio al mondo naturale emozionante ed educativo.
Un torrente artificiale sfocia in una grande vasca in cui gli orsi potranno farsi osservare, se ne avranno voglia.
Ed è proprio questa l’altra novità. Gli animali hanno la possibilità di muoversi in un grande ambiente potendo scegliere di non farsi vedere… proprio come avviene durante una passeggiata in montagna.
I punti di osservazione del pubblico sono molti ed offrono visioni differenti.
Un percorso di approfondimento conduce il visitatore nel mondo degli orsi, facendolo avvicinare ai principali aspetti della biologia, dell’ecologia, del comportamento e della conservazione attraverso un impianto educativo diversificato e coinvolgente costituito dalla giusta dose di pannelli, video, ambientazione sonora e modelli tridimensionali.
Come vive, e quali sono le abitudini dell’orso bruno?
L’orso bruno è un animale pigro, solitario e tranquillo, è attivo nelle ore meno calde della giornata e di notte. Onnivoro, si adatta a ciò che offrono l’ambiente e le diverse stagioni: frutta, bacche, erba, insetti, piante, radici e miele. La femmina dà alla luce uno o due piccoli nel periodo gennaio-febbraio, che vivono con la madre per circa due anni. La vita media di questa specie va dai 25 ai 35 anni.
Una volta era diffuso nelle foreste di quasi tutta Italia, attualmente l’orso bruno sopravvive in pochissime aree molto circoscritte ed è seriamente minacciato di estinzione. Il Parco nazionale d’Abruzzo e le aree montane circostanti ospitano un centinaio di esemplari appartenenti ad una sottospecie unica, l’orso bruno marsicano. Sulle Alpi invece, dove la specie era ampiamente distribuita, l’orso bruno è scomparso.
Oggi ne rimangono appena due o tre esemplari su una superficie di 600 km quadrati nel comprensorio del Parco naturale dell’Adamello Brenta, in Trentino, dove recentemente sono state anche tentate alcune reintroduzioni con individui provenienti dalla Slovenia.
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