Archivio di 10/1998

I SOGNI SON DESIDERI

Wednesday, 21/10/1998

di Francesca RicevutoEra un sogno e si è realizzato. Quarantacinque bambini serbi sono stati accolti con grande entusiasmo Mercoledì 20 Ottobre al Bioparco di Roma.
Sono le 11:30 quando il pullman arriva a Villa Borghese e già da dietro i finestrini tante manine salutano Mihajlovic. Il calciatore (serbo, ma anche idolo dei tifosi della Lazio) è lì ad attenderli, pronto a firmare autografi su magliette e cappellini e a posare per fotografie di gruppo. Assieme a lui, il personale del Bioparco,  i  volontari e il presidente dell’Associazione “Un ponte per…” che dal 1991, dopo i bombardamenti in Iraq, presentandosi come “Un ponte per Baghdad”, opera in molti paesi in via di sviluppo. Nel caso attuale va ricordata invece la collaborazione con la Croce Rossa di Belgrado. 
I bambini, provenienti quasi tutti dai dintorni della capitale serba, dopo essere stati ospiti per una settimana della Provincia di Viterbo, in una colonia a Tarquinia, hanno conosciuto gli alunni della Scuola Elementare “Montessori” di Roma. Qui hanno espresso i loro desideri, ai quali, grazie al direttore che ha contattato l’ex zoo, si è riusciti a dare risposta.
 Un’insegnante ci racconta l’esperienza di questo gemellaggio facendoci capire che la comunicazione tra bimbi, anche di lingue e culture differenti, non è certo difficile. “Hanno giocato e svolto assieme svariate attività, utilizzando materiali quali la sabbia colorata”, ci dice. Nonostante i drammi che portano dentro , drammi che a nessuno di noi viene difficile immaginare, e la consapevolezza di dover tornare presto a “casa”, i piccoli serbi hanno volti sereni e scherzano allegramente. Rimangono anche colpiti da un leone che ruggisce e dalla varietà di specie animali ospitate dal Bioparco, molte delle quali mai viste e quindi oggetto dei loro sogni. Nella nascente struttura, dedicata a conservazione, educazione e ricerca, dove si possono ammirare mammiferi, rettili e uccelli, tanti spazi richiamano l’attenzione dei visitatori e diverse aree didattiche hanno fornito validi supporti alle spiegazioni degli assistenti didattici. Ottimo l’aiuto dei volontari serbi pronti a tradurre per i giovani ospiti. La gita si è conclusa con il pranzo nella “casa delle giraffe” ma ricordiamo che all’interno del parco c’è anche uno spazio per i più piccoli gestito dalla Coop. “Il flauto magico”. 
E’ una giornata un po’ grigia ma la gioia è tanta. Un desiderio, anzi, quarantacinque desideri si sono avverati.

Una scampagnata… a Roma

Wednesday, 21/10/1998

DI Bendetta de VitoC’è un parco immenso, a due-passi-due da San Giovanni, dove si può stare all’aria aperta e magari mangiare un panino tra cavalli e pecore. E’ il parco della Caffarella che comincia lambendo la Via Cilicia (all’altezza della Porta di San Sebastiano) e arriva fino alla tomba di Cecilia Metella (volendo si può fare tutto il tragitto a piedi, ma che fatica!). Passeggiare per il parco della Caffarella è come fare un passo indietro nella storia, nell’agro romano del marchese del Grillo: pensate che, nel vecchio casale della Vaccareccia (cioè nel bel mezzo del parco) si può persino comprare la ricotta! E che cosa dire poi dei girini che, a primavera, compiono la loro metamorfosi nelle magre acque del fiumicello Almone? Spiarli è un’emozione grande. Insomma, una bellezza e per di più raggiungibilissimo. Giacomino vi consiglia di entrare da via Bitinia che si imbocca girando sulla sinistra, una volta attraversate piazza Galeria e il ponte sulla ferrovia. Tutto questo, bisogna precisarlo, se non avete carrozzine o passeggini al seguito. I piccolini, portateli nello zainetto o in marsupio. Per arrivare al fiumicello Almone e ammirare la vegetazione e i pioppi d’argento (che in primavera seminano le felliniane “steline”) nonché i girini, occorre superare la valle dei cani, costeggiare le piccole aziende agricole recintate e scendere fin dove un tronco d’albero funge da ponte sull’acqua. E’ da lì che iniziano i campi, guardati a vista, ohinoi, dalle palazzine degli anni Sessanta. Di solito,  nel campo sulla destra, pascolano i cavalli. Per vedere il gregge della Vaccareccia  (attenti ai maremmani da guardia!) occorre attraversare i campi sulla sinistra e raggiungere il casale. Se la  dea bendata è di buon umore, poi, si può assistere alla nascita di un agnellino! 

Autobus consigliati: 628 e 4. La fermata più vicina a piazza Galeria è su Via Satrico.
Un altro ingresso dà su Via di Vigna Fabbri e si entra all’altezza della Vaccareccia.  In questo caso, si consiglia la Metro A fino al Largo dei Colli Albani 
 

PALATINO: IL PALAZZO DI ROMA

Wednesday, 21/10/1998


Alto sul colle omonimo si erge il Palatino, il quartiere dell’antica Roma dove, secoli orsono, c’erano i Palazzi con la P maiuscola, quelli cioè degli imperatori.  Strano ma vero: palazzi e palazzine attuali prendono il  nome proprio dal rione più chic della Roma imperiale, in latino “Palatium”. Duemila anni di storia (forse ancora di più perchè è qui, si racconta, che Romolo e Remo furono allattati dalla lupa…) non hanno sciupato la magia del luogo. Come in un incantesimo, salita la rampa che parte dall’entrata principale su Via di San Gregorio (trafficatissima) eccovi in mezzo alla campagna. Camminando, camminando incontrerete i ruderi dei maestosi palazzi, un vero e proprio stadio per corse di cavalli, la casa di Augusto e lo splendido “giardino d’inverno” (aprirà, dopo il restauro, alla fine di questo mese) cioè la casa di Livia: un tripudio di uccelli, alberi e fiori. C’è poi il palazzo di Domiziano, con la sua parte pubblica (Domus Flavia) e quella privata (Domus augustana): per trecento anni, dall’81 dopo Cristo in poi, vi abitarono tutti gli imperatori romani. E il bello è che, per costruirlo, l’architetto Rabirio dovette appiattire (con tonnellate e tonnellate di terra!) la cima occidentale del Colle, chiamato Germalus. Tutto potevano, allora, gli imperatori romani!
Secoli dopo (siamo nel Millecinquecento) pecore e capre brucano l’erba tra le rovine. Il cardinale Alessandro Farnese, nipote del Papa, acquista la casa di Tiberio, la ricopre di terra e, voilà, ecco sorto il primo orto botanico romano. Ancora adesso gli “Horti Farnesiani” (dominano il Foro romano, con i due padiglioni Farnese a far da sentinella) sono una goduria per gli occhi e per lo spirito. Vi si trovano querce e acacie, papiri e castagni. E uccelli (persino un picchio al lavoro!) che svolazzano qua e là.  Noi di Giacomino, in settembre, abbiamo fatto una scorpacciata di corbezzoli. Erano belli rossi sangue, tondi e spinosetti, come i loro cugini sardi… ma eravamo al Palatino!

Le entrate al Palatino (comprate da bere e da mangiare fuori, perché dentro non troverete nulla!) sono due. La prima è attraverso il Foro, utilizzando l’ingresso che dà sul Colosseo. In questo caso ci si trova proprio sotto i padiglioni Farnese e occorre andare a ritroso. La seconda è sulla Via di San Gregorio, a due passi dal Colosseo. Il biglietto costa 12 mila lire, ma i bimbi non pagano. Per arrivarci, usate la Metro B. Va benissimo anche il 117, il piccolo autobus

CANALE MONTERANO: “UNA GITA SULFUREA”

Wednesday, 21/10/1998

A nord di Roma, vicino al Lago di Bracciano, c’è un posto magico. E’ Canale Monterano, un luogo di sogno e di pace, dove passare, con i vostri bambini, una domenica tra i boschi e per di più visitando una cittadella abbandonata e una chiesa sconsacrata che, desolata, si erge in mezzo a un prato spazzato dal vento. Una volta giunti al paese di Canale Monterano (se non avete portato il pranzo al sacco, procuratevelo, acqua compresa!) seguite l’indicazione (piegando giù per la vallata) che vi condurrà al parco dove vi attende uno di quei cartelli lignei, con tettuccio, pieni di scritte colorate con tutte le informazioni per l’escursionista. Dopo esservi informati a dovere, seguite la strada in discesa orlata di castagni. Vi troverete, d’improvviso (ma l’odor di uova marcio è inconfondibile!), in una vallata ricca di polle di acqua sulfurea. Non dimenticatevi di visitare - è sulla sinistra - la grotta neolitica: vi abitavano i nostri antenati e ci hanno lasciato persino delle scalette scavate nella pietra. Per raggiungere il vecchio abitato, che fu strategico fortilizio in epoca rinascimentale, Giacomino vi consiglia di prendere la “tagliata etrusca”. Ed eccovi immersi in un’atmosfera surreale e suggestiva. Camminerete per una gola strettissima, tagliata (appunto) nella roccia umida e terrosa. In alto, sollevando lo sguardo, vi farà l’occhietto il cielo ricamato dalla vegetazione rigogliosa. Camminando, camminando, eccovi all’antico borgo, oggi restaurato, dopo anni di abbandono. Si dice che nell’antica cattedrale sconsacrata e in rovina, di notte, si celebrassero fino a pochi anni fa messe nere. Noi di Giacomino qualche anno fa ci trovammo, credeteci oppure no, soltanto una placida mucca.

Partendo da Roma, per andare a Canale Monterano prendete la via Cassia fino a La Storta, poi imboccate la Braccianense e percorretela fino a Manziana. O meglio fino a mezzo chilometro prima perché, per evitare il paese (peraltro davvero carino), dovrete prendere il bivio per Oriolo e Tolfa. Macinato un chilometro, vi troverete a Borghetto Quadroni: girate a sinistra, verso Tolfa. Canale Monterano è a 10 chilometri scarsi.
 

La Cacciarella: miracolata in attesa di verdetto

Wednesday, 21/10/1998

Una meridiana lo ha salvato e i giovani del quartiere gli hanno ridato vita. Stiamo parlando del casale del parco della Cacciarella: più di un ettaro di verde nel quartiere Tiburtino, con spazi attrezzati per i bambini (scivoli, altalene), e per i nonni che si danno appuntamento ai tavolini del bar per la briscola quotidiana e si divertono a raccontare favole ai piccini. Oggi, la Cacciarella può ben vantare i suoi spazi e i servizi come il bar (aperto dalle 7,30 del mattino) ed una pizzeria dove si apparecchia a pranzo e a cena. Le cose, però, non sono state sempre così “tutte rose e fiori”. 
Negli anni ’60, a seguito di una soffocante urbanizzazione che ha coinvolto l’intera zona della Tiburtina , la tenuta con le sue ville (alcune delle quali sopravvissute, come Villa Fassini) era stata occupata dai “senza tetto”. Successivamente, il parco ha subito una fase di abbandono ed è diventata porto di tossicodipendenti e barboni. Uno dei casali fu abbattuto mentre quello della Cacciarella (che nel 1800, quando fu costruito, era una stazione di posta per cavalli frequentata dai cacciatori della nobiltà romana, re compreso) è miracolosamente sopravvissuto grazie alla meridiana (l’orologio medievale) posta al centro del torrino, per la quale è stato posto un vincolo dalla Sovraintendenza alle Belle Arti. Trascurato per anni e anni, il parco diventò un bocconcino prelibato per una grande società immobiliare che voleva farne un parcheggio e trasformare il casale in una stazione di servizio. Fu allora (era il 1994) che un gruppo di giovani del quartiere – con il sostegno forte e convinto dei cittadini tutti – occupò il casale della Cacciarella dando inizio al suo recupero e alla sua ristrutturazione. Con quali fondi? Mettendo su una cooperativa con attività di ristoro, e ricevendo il sostegno economico di cittadini e associazioni.
Oggi, la Cacciarella è un luogo d’incontro, di giochi, di svago, d’intrattenimento e di cultura per centinaia di persone di ogni età. Ma il Comune deve ancora dire la sua sulle sorti del casale.

La Cacciarella è in via Casal Bertone, 11
Autobus: 309 (da piazza Bologna) – 448 (dal Verano) – 449 (da Rebibbia o Monti Tiburtini)
Metro B fermata stazione Tiburtina o piazza Bologna e poi autobus 309 

Villa Aldobrandini: un nido d’aquila su via Nazionale

Wednesday, 21/10/1998


Come un nido d’aquila posato sul monte di Magnanapoli, il piccolo e prezioso parco della Villa Aldobrandini domina l’ingrata Via Nazionale, un fiume di macchine, autobus e puzzo di smog, e guarda in faccia il Gianicolo, tra statue e cupoloni. “Noi monticiani ce semo cresciuti ar parco Aldobrandini e a Montecavallo”, scherza il signor Mancini, faccia da romano, un nipotino (Alessandro) di un anno e poco più. Infatti il parco Aldobrandini era, fino a poco tempo fa (a parte gli anni della chiusura, dal 1986 al 1992) un paradiso per le mamme di Via Panisperna, del Boschetto, della Suburra. Un piccolo paradiso verde, ritagliato tra palazzi e asfalto, con palmizi e (andandoci alla mattina presto, con la bella stagione) con un gran via vai di merli, passeretti e altri uccelli chiacchieroni. Oggi il parco boccheggia nel degrado. “Ci vanno a tagliarsi i capelli, a farsi i fatti loro”, protesta Enrica, attrice, mamma di Francesco e di Paolo, un pugno di anni in due.  E pensare che potrebbe essere bello, bellissimo. Chi scrive vi si recava al mattino presto, con il bebè addormentato e baciato da un solicello invernale che lo colorava appena appena. Verso le undici arrivavano i cani, con i padroni al guinzaglio. Più tardi, qualche turista con la guida in mano e l’aria spaesata, poi gente di fuori, ucraini, albanesi, curdi: tutti lì a mangiare, a chiacchierare e a far coiffeure. Già allora di bambini pochissimi. Tutti trasferiti al giardino del Quirinale, a Montecavallo: ma non è la stessa cosa! Anche se c’erano due belle rampe di scale da salire con passeggino e ragazzino (ma si può prendere la scorciatoia, cioè girare a sinistra appena imboccata l’entrata su via Mazarino), la fatica era premiata dalla gioia di essere lassù, tra le nuvole.  E Villa Aldobrandini sembrava darti il benvenuto e farti la riverenza, con i suoi padiglioni ottocenteschi, la terrazzata sulla Città eterna, le alte palme, la fontana (sebbene asciutta, ma c’è la fontanella per bere!) le statue e quelle comode panchine d’altri tempi, alte e solide, che da un pezzo vengono spostate qui e là da certi incivilissimi visitatori. Peccato. Le mamme monticiane (ma tutte le mamme, naturalmente, sono le benvenute) vorrebbero tornare a Villa Aldrobrandini con i loro bambini.

Per arrivare al Parco di Villa Aldobrandini, l’entrata (dalle 7 di mattina al tramonto) dà su via Mazarino che è una traversa di Via Nazionale all’altezza del Teatro Eliseo.  Gli autobus? Sono perfetti il 57, il 64, il 65, il 70, il 75, l’81 e il 170

Da bambino farò un parco, da grande un mondo migliore

Wednesday, 21/10/1998


Nasce “Il giardino dei mostri”: il nuovo parco del quartiere Spinaceto

E’ il primo dei tre parchi previsti a Roma e progettati direttamente dai bambini nell’ambito del concorso della Coop “Da bambino farò un parco, da grande un mondo migliore”, che sarà inaugurato il 28 febbraio

Loro sono i bambini della scuola elementare di via Frignani (143esimo Circolo), una scuola della periferia romana nel quartiere Spinaceto. Una parte dell’area verde - proprio a ridosso della scuola – è diventato un parco-giochi ideato e progettato dagli stessi bambini nell’ambito del concorso lanciato dalla Coop due anni fa e di cui adesso si vedono i risultati concreti.

Un concorso che ha voluto stimolare l’attenzione all’ambiente da parte delle nuove generazioni cominciando proprio dalle esigenze dei ragazzi, senza catapultare un parco dall’alto, ma creandolo, per così dire, a misura di bambino seguendo i criteri-guida della progettazione-partecipata.

“Il giardino dei mostri” è il primo dei tre parchi realizzati dalla Coop Toscana Lazio a Roma: il secondo, nel quartiere Prenestino, aprirà i battenti il 18 marzo e il terzo, al Laurentino, a fine maggio. Altri due parchi, nel Lazio, sono già in funzione a Viterbo e a Colleferro.

Il parco è stato creato con le caratteristiche di un labirinto con siepi-muro, pergolati e piante mediterranee e aromatiche come il melograno, la lavanda, il rosmarino, il mirto. Gli stessi materiali usati - come il tufo - rimandano all’idea della caverna. E non a caso il giardino-labirinto si chiama, per volere dei bambini baby-progettisti, “Il giardino dei mostri”.

“Lo spazio verde di via Frignani vuol essere un giardino educativo”spiega l’architetto Petra Bernitsa che ha curato a fianco dei bambini e dei loro insegnanti la realizzazione del parco. “I bambini non hanno fatto altro che far correre la loro fantasia immaginando figure mostruose e deformi come l’animale preistorico, il Kentrosaurus, che introduce al gioco e che rappresenta l’elemento di connessione delle varie parti del giardino. Il labirinto, poi, facilita il gioco della scoperta”.

E così, dal 28 febbraio, un’area di periferia abbandonata a se stessa assumerà una nuova funzione. Subito dopo inizierà la terza fase del concorso, quella dell’adozione, quando spetterà agli stessi bambini provvedere alla cura dell’area.

Piazza Vittorio: giostre e mercato

Wednesday, 21/10/1998

di Ester Ponti

Qualche giorno fa, con il mio bambino, sono andata a fare la spesa a Piazza Vittorio. Ho trovato le clementine a 650 lire al chilo e banchi dove non si parlava italiano, ma una sorta di strana parlata cittadina che mi ricordava tanto Blade runner. E poi c’erano facce nere e gialle, marocchini, zingare, ucraini ed era tutto un toccar merci, chieder prezzi, tutto un vociare da mercato, un via vai da suk che incantava il piccolino e a me (lo confesso) faceva venire mal di testa e una gran voglia di tornarmene a casa. Poi ci siamo infilati nel giardino (appena risistemato), incorniciato da banchi e bancarelle ed è stato come girar la pagina di un giornale. Nel giardino di Piazza Vittorio - camminando giù giù verso via Principe Eugenio - abbiamo trovato, con mia sorpresa, giostre, altalene, scivoli, insomma un piccolo parco giochi attrezzato e per di più tutto fatto di legno, gradevole alla vista e naturalmente solido. C’era anche un cavalluccio di legno per inventarsi cow boys e fare il rodeo, roba che Luca, il mio bambino, non voleva più scendere e sarebbe ancora lì se non fosse arrivato il piccolo imbacuccato Marco, aspirante uomo del far west. Per noi mamme, ci sono panchine per leggiucchiare qualcosina, mentre i pupi scorazzano, calciando le foglie gialle che solerti “operatori ecologici” caricavano su un camioncino celeste, rendendo forse troppo nuda la terra battuta. Peccato che i bambini si contassero sulla punta delle dita e quei pochi (due a dirla tutta) che giocavano erano accompagnati da più parenti: piazza Vittorio, si sa, non ha una buona nomea e l’Esquilino, come si lamenta chi vi abita, è abbandonato a se stesso. Mio marito ci scherza su: “Se incontri un bianco, puoi dirgli Mister Livingstone, I suppose”. Luca, però, vuole tornarci nel giardino tutto piemontese, cuore dell’unica piazza con i portici (francamente superflui per il clima romano) della Capitale.

Sul Colle Oppio, tra cavalli e caffè

Wednesday, 21/10/1998

di Benedetta de Vito

Passano i carabinieri gemelli a cavallo su per il Monte Oppio. Passano, mandando in visibilio i più piccini che “cavao, cavao”, gridano, puntando un piccolo indice teso verso le eleganti e algide bestie bianche e pezzate. Poi, improvvisamente, punfete, giù una scarica di quella roba lì, tonda tonda da parere torba, che imbratta tutta la strada dei bimbi, ovvero quella striscia d’asfalto - che comincia, a dorso d’asino, all’entrata principale del parco - dove tantissimi bambini (accompagnati da tate, mamme e nonne) vanno a giocare, evitando così gli spazi erbosi oramai conquistati da nullafacenti (sporchini) di vario genere e nazionalità. Cose di questo tipo possono accadere - ed è successo davanti agli occhi di chi scrive - al Colle Oppio. Anche i carabinieri a cavallo,chissà, dovrebbero armarsi di paletta e sacchettino (come fanno rari e civilissimi proprietari di cani) e scendere su questa terra dall’empireo delle loro selle… Tant’è. Il Colle Oppio offre molto e chi abita tra il centro e l’Esquilino. C’è un chiosco ombroso (la signora che lo gestisce sembra uscita da una fiaba) per sedersi e bere un caffè o a mangiarsi un ghiacciolo, c’è un pergolato (senz’uva, sia chiaro) frequentato da molti piccioni, ansiosi di essere nutriti, c’è persino da visitare la Domus Aurea (cioè il palazzo imperiale di Nerone) se ve ne viene il ghiribizzo (ma bisogna prenotare allo 064815576 oppure 0639749907), c’è un fontanone senz’acqua che piace non poco ai piccoli esploratori, c’è una vista sul Colosseo che toglie il fiato, ci sono panchine al sole e ci sono panchine all’ombra. Epoi, fino a poco tempo fa c’erano i ponies che adesso si sono spostati al parco di Villa Celimontana.

Per raggiungere il Parco del Colle Oppio, potete prendere i tram 8 e 30, oppure la Metro B (fermata Colosseo), oppure il minibus 117 che ferma sulla Via Labicana dove una scalinata porta al parco.

Monteverde Nuovo: i cani padroni dei giardini

Wednesday, 21/10/1998
di Valeria Ferri

Monteverde Nuovo fino a qualche anno fa era un quartiere silenzioso, d’estate sidormiva con le finestre aperte senza essere disturbati dai rumori del traffico e si passeggiava per i larghi marciapiedi di Viale dei Colli Portuensi senza che i bimbi risentissero del fumo dei tubi di scappamento. 

Da quando sono stati completati i lavori di congiunzione di Via Newton a Via Portuense, Viale dei Colli Portuensi è diventata una via di grande scorrimento, la pace è finita e più che mai si sente la necessità di approfittare di tutti gli spazi verdi che offre il quartiere. Ma, ahimé, chi non ha la possibilità di raggiungere Villa Pamphili e deve ricorrere ai giardinetti si trova a dover fare i conti con i “depositi biologici” dei numerosi cani degli abitanti del quartiere. 

Villa Flora, a parte lo stato di abbandono in cui si trova tanto il giardino quanto la graziosa costruzione che lo domina è impraticabile per i bambini più piccoli che non guardano dove mettono i piedi e resta il luogo ideale solo per mamme con carrozzine, anziani e ragazzini più grandicelli che giocano a pallone. Ed è un peccato, se si considera che c’è anche uno spazio attrezzato per i giochi, sebbene polveroso e pieno di buche.

Anche il giardino di Largo Ravizzapur con la maggior parte della superficie pavimentata, è il regno dei cani. Non c’è un’altalena per i bimbi, ma un angolo con le giostre a cinquecento lire a giro e pure un po’ bruttino.Al centro c’è una fontana la cui vasca, con il bordo molto basso e senza protezione, rappresenta un pericolo per i più piccoli, ma quando un cane di passaggio va a farci il bagno è un vero spettacolo per tutti.

Poi ci sono i giardinetti di Piazza Forlanini, ultimamente dotati di altalene e scivolo, tutt’ora in ordine, che spesso hanno l’erba alta per mesi. Inoltre della staccionata che lo delimita sono rimasti solo alcuni tratti e non c’è neanche una fontanella. 

Insomma tutto questo fa sì che il luogo di ritrovo più affollato sia il Parco Morelli, che di parco non ha niente poiché si tratta di un piccolo lunapark, dove ogni giorno ci lasci dalle cinque alle diecimila lire e il bambino passa il pomeriggio frastornato dalla musica a tutto volume, dalle immagini virtuali dei video giochi e dai movimenti vorticosi delle giostre.

 
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